(Corriere della Sera – G. Piacentini) Io c’ero. È già un mantra. Gira per le strade come un ragazzo che fa il primo giro in motorino e va all’appuntamento con la compagna di classe più carina. Non si sa come andrà a finire la storia, ma è straordinario viverla adesso e qui. Da ieri sera il biglietto di Roma-Barcellona non ha prezzo. Non ci sarà e-bay dove trovarlo. Chi lo aveva, lo terrà come un amuleto, da tirare fuori quando ci sarà un problema e servirà una botta di ottimismo. Non è un miracolo, è di più. I numeri dicono che il Barcellona era imbattuto in Champions (e nella Liga), che aveva la miglior difesa del torneo e che la remuntada la faceva e non la subiva. Batterlo 3-0 sembrava impossibile, ma la sorpresa fa parte del fascino unico del calcio. Quello che era «impossibilissimo» era ridurre Messi e Suarez a due attaccanti di provincia, il primo ammonito per un fallo da terzino su Kolarov e il secondo addirittura per perdita di tempo.
Trasformare il Barça in un Crotone, con rispetto parlando per un’altra squadra rossoblù, non era nemmeno nei sogni. E invece è diventato realtà. Serviva la partita perfetta e partita perfetta è stata. La Roma non ha subito in casa nemmeno un gol in cinque partite di Champions (Atletico Madrid, Chelsea, Qarabag, Shakhtar Donetsk e Barcellona), ma riuscirci ieri era l’impresa più difficile. In tutta la stagione, infatti, i catalani erano rimasti a zero gol solo in cinque occasioni e la sconfitta dell’andata — un 1-4 immeritato e condizionato anche dall’arbitraggio — non sembrava rimontabile proprio perché Messi e Suarez avrebbero avuto l’occasione di colpire negli spazi. Di Francesco, che entra nel Gotha degli allenatori romanisti perché in Champions solo Liedholm ha fatto meglio di lui, non ha sbagliato una mossa, a partire dal moduloscelto che ha portato a un meraviglioso ossimoro calcistico: è stata per 94’ la squadra più difranceschiana di tutta la stagione, per pressing e aggressione dell’avversario, con il metodo meno difranceschiano possibile. In fase difensiva un 5-4-1 e in fase offensiva un 3-4-2-1, con Nainggolan e Schick a dividersi il campo dietro a Dzeko.
La chiave tattica è stata il continuo pressing alto della squadra, con De Rossi e Strootman che sono andati a prendere Iniesta e Rakitic nella loro metà campo, inibendo tutto il gioco del Barcellona. Serviva un gol subito ed è arrivato quello di Dzeko, al 6’. Schema collaudato: palla di De Rossi a saltare il centrocampo e il bosniaco (al sesto centro in Champions) si è mangiato Jordi Alba e Umtiti. Serviva l’attenzione massima della difesa e lo schieramento a tre — Fazio, Manolas, Juan Jesus— è stato perfetto, a partire dalla posizione centrale del greco. Serviva un’altra botta a inizio ripresa e un’altra verticalizzazione — questa volta di Nainggolan — ha lanciato Dzeko in porta. Piqué lo ha steso e solo l’imbelle arbitro Turpin non ha visto il rigore, ma è stato corretto dall’assistente di porta: De Rossi ha trasformato. Serviva, infine,l’ultimo miracolo e lo ha trovato Manolas, di testa, su corner di Cengiz. La Roma va avanti e chissà se ha trovato una strada nuova per salire in alto e rimanerci sempre.
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