Le torri sì, le torri no: le tre torri progettate da Daniel Libeskind – l’autore del Museo Ebraico di Berlino, della nuova torre del World Trade Center e di una infinità di altre opere architettoniche già entrate nei manuali universitari, sono assurte a simbolo del male assoluto. Per la Soprintendenza alle Belle arti di Roma che, ancora nel parere consegnato in Regione, ne parla in termini di « forte negatività », « prepotente emergenza » e rischio che divengano « valore identitario e storico nella percezione futura di questa parte della città ». E lo erano per i 5 Stelle che le consideravano il simbolo del regalo fatto ai palazzinari. Qualcuno, come Sgarbi, arrivò addirittura a definirle, con una delle sue solite iperboli retoriche, anticostituzionali. Le torri sarebbero state « ritagliate da un unico blocco », spiegava il loro ideatore, Libeskind, e sarebbero state, come a Milano, realizzate con dei giardini verticali. La torre più piccola sarebbe stata alta 166 metri per 35 piani, la mediana arrivava a sfiorare i 200 metri con 40 piani mentre la più grande avrebbe superato i 231 metri con 49 piani. Unicredit avrebbe dovuto prendere una delle tre torri e farne il suo nuovo centro direzionale poi le cose andarono diversamente. Erano il “prezzo”, espresso non in soldi ma in cubature, che il Comune avrebbe riconosciuto ai proponenti in cambio della realizzazione delle diverse opere pubbliche. L’idea dei 5 Stelle del regalo ai costruttori si scontra ben presto con la realtà dei fatti. Insediatisi la Raggi in Campidoglio e Paolo Berdini all’Urbanistica partì immediatamente il riconteggio dei costi. Se c’è un regalo al costruttore lo scopriremo. Invece del regalo, i 5 Stelle scoprono ben presto che per tagliare le torri devono tagliare le opere pubbliche.

(Il Tempo – F. Magliaro)



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