Il processo dei consiglieri a Paolo Berdini sarà una formalità. Perché la sentenza è già scritta: dopo la pubblicazione del secondo audio estratto dal botta e risposta tra l’assessore all’Urbanistica e un cronista de La Stampa («Raggi e Romeo erano amanti, scrivi che te lo ha detto un anonimo»), i fronti interni alla maggioranza M5S si sono ricompattati. Anche la corrente legata al presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito, che ha tentato fino alla fine di ricucire lo strappo interno alla giunta, si è convinta: «Berdini deve lasciare ».
La firma sul verdetto arriverà questa sera. Alla consueta riunione di maggioranza del lunedì parteciperà anche la sindaca. Più di un segnale sul possibile esito del confronto. I 29 pentastellati dell’aula Giulio Cesare, ora dopo ora, si sono infatti convinti che l’assessore fosse «in malafede». «Non ha retto la pressione per lo stadio della Roma. Allora ha iniziato a infangare Virginia, l’ha tradita», attacca uno degli eletti. «Non capisco perché una persona con la storia di Berdini non faccia un passo indietro», commenta una sua collega. Dimenticandosi, forse, che l’assessore ha già presentato le sue dimissioni e che la sindaca le ha congelate in attesa di tempi migliori. E, soprattutto, di un’alternativa concreta: l’urbanista Carlo Cellamare, contattato, ha risposto «no, grazie». L’architetto Guendalina Salimei ha rifiutato ancor prima di ricevere una chiamata dal Campidoglio. Fuori dai giochi anche i due attivisti Francesco Sanvitto ed Emanuele Montini. Sull’ultimo c’è il veto dei parlamentari. Si rafforza, allora, l’ipotesi di un interim a tempo. Una soluzione che la sindaca avrebbe evitato volentieri, ma che al momento pare essere la più rapida per evitare nuovi faccia a faccia con Berdini.
Per stabilire l’identità del successore dell’ingegnere, invece, si attendono notizie da Milano. Le nomine capitoline vengono ormai decise da Beppe Grillo e Davide Casaleggio, o tutt’al più tra la Camera e il Senato. La procedura si è infatti rovesciata. Prima era Virginia Raggi a scegliere i profili da proporre ai garanti del Movimento. Ora, nel clima di commissariamento che si respira da settimane a Palazzo Senatorio, i nomi vengono calati dall’alto.
La riserva dell’inquilina del Campidoglio («Ormai dipende tutto da lei», continua a dire a chi lo sostiene Paolo Berdini) è allora legata alle scelte dei big a 5 Stelle. E, solo in seconda battuta, alla ricerca affidata ai consiglieri. Le più attive restano Alessandra Agnello e Donatella Iorio, rispettivamente presidenti della commissione Lavori pubblici e Urbanistica. Per ora Paola Cannavo, paesaggista e docente dell’università della Calabria, sarebbe l’unica disposta ad accettare l’incarico. Ma per la delega ai Lavori pubblici.
E, mentre continua la ricerca al tecnico che dovrebbe prendere in carico, tra i tanti, anche il dossier stadio, domani potrebbe essere sentito Raffaele Marra. L’ex capo del personale e fedelissimo della prima cittadina arrestato per corruzione assieme al costruttore Sergio Scarpellini potrebbe decidersi a parlare, mettendo di nuovo in crisi una giunta già tormentata dallo scossone Berdini.
(La Repubblica – L. D’Albergo)
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