Josè Mourinho, Tiago Pinto

AS ROMA NEWS MOURINHO PINTO – Per qualche giorno il calcio dall’altra parte del mondo sembra un balsamo alle ruggini della Serie A. Non sorprende che José Mourinho e Tiago Pinto, accolti dalla straordinaria ospitalità giapponese, abbiano metabolizzato la cortesia orientale anche nell’argomentare sogni e bisogni, scrive La Gazzetta dello Sport.

Ciò non toglie, però, che il malinconico attuale settimo posto in campionato, la faticosa qualificazione ottenuta nel girone di Europa League e i paletti della Uefa sul bilancio spingano l’allenatore e il dirigente portoghese verso esigenze diverse. Che lo Special One, alla sua prima conferenza, non manca di far rimarcare, rivendo peraltro una risposta chiara. Il sunto è palese: in squadra serve qualità, ma restano sempre i limiti del “financial fair play”.

È ovvio che i media nipponici siano focalizzati soprattutto sulla Premier League, di cui per anni Mourinho è stato uno dei principali esponenti. Non sorprende, perciò, che abbia voluto giocatori come Abraham e Matic. Ma lo Special One ammette: “È una questione di opportunità. Non abbiamo la forza di andare in Premier League e prendere giocatori che sono al top, ma il caso di Tammy, ad esempio, è diverso. Era un giocatore che aveva bisogno di giocare e Roma era una grande opportunità per questo. Nel caso di Matic, invece, è un giocatore di 34 anni che ha giocato nei migliori club, ha vinto titoli ed è tornato a giocare con me per tentare di portare esperienza in una squadra molto giovane”.

Il corollario arriva subito dopo, quando gli si chiede cosa serve per vincere. “Devi essere fortunato, avere giocatori con la giusta mentalità e qualità. Noi allenatori possiamo migliorare i giocatori, ma non facciamo miracoli. Ogni giocatore ha tutto nelle proprie mani, in termini di talento e di attitudine”. In questo senso, proprio la nazionale del Sol Levante dimostra una lievitazione enorme, tanto che gli chiedono se prenderebbe un calciatore giapponese. La risposta è sincera e malinconica: “Se costa poco! (risate in sala, ndr) Possiamo prendere Kamada in prestito se l’Eintracht è d’accordo”.

Morale: chi avesse ancora qualche dubbio sul fatto che Mourinho – a torto o a ragione – consideri limitate la capacità d’investimento del club (il famoso “mercatino” di cui aveva parlato un paio di settimane fa), è stato servito. Ovvio che il general manager Pinto sia stato chiamato, con garbo, a far capire come il suo (difficile) ruolo debba tenere insieme le esigenze dell’allenatore, ma anche quelle della proprietà, che hanno sulla testa la spada di damocle dei 35 milioni di multa già comminati dalla Uefa – dopo il “settlement agreement” – che potrebbero scattare se la Roma sforasse i termini di spesa e d’ingaggio. “Senza dubbio teniamo in considerazione l’opinione del nostro allenatore, ma anche dei paletti imposti dal “Financial fair play””.

Risposta secca, che rende palese le esigenze diverse che si contrappongono e che il dirigente sta cercando di appianare provando a cedere Karsdorp e Shomurodov, dopo aver preso Solbakken ed essersi messo sulle tracce di Bereszynski e Bellerin (piace anche la punta Semedo del Benfica, classe 2005 e contratto in scadenza). In fondo, anche la risposta sugli “inglesi” della Serie A è differente. “In Italia ci sono tanti giocatori inglesi, come Tammy, Smalling, Tomori. La nuova generazione di calciatori inglesi è molto forte. Fisicamente sono dei mostri”.

Lo sa bene anche Mourinho, che ne vorrebbe tanti di quelli forti, ma le esigenze dei conti non consentono di sforare. E per chi brontolasse, l’ultima parola è sempre di Pinto. “Se nel calcio ci fossero più famiglie Friedkin sarebbe meglio. Loro hanno la giusta visione e non pensano solo ai guadagni”. Proprio vero. Anche se i bisogni di Mourinho per la Roma necessiterebbero di molto di più.



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