(Il Messaggero – A. Angeloni) La crescita passa dal gioco, quindi dalle prestazioni e inevitabilmente dai risultati. Eusebio Di Francesco ne è consapevole e sa che la vittoria, oggi contro l’Udinese (ore 15, l’ultima allo stesso orario Roma-Atalanta lo scorso 15 aprile), regalerebbe alla Roma un altro pizzico di fiducia in più. Fino a ora, Eusebio ha sbagliato davvero poco, sia nelle scelte sia nei risultati. E lo vediamo perfettamente a suo agio anche nella comunicazione verso l’esterno («sto bene qui dentro e con i tifosi»). Chiaro, sincero con i suoi e con chi è tenuto a giudicare il suo lavoro. Del resto lui è stato il primo critico, dall’amichevole nefasta di Vigo, passando per la sconfitta con l’Inter fino allo zero a zero («siamo stati in balia dell’avversaria», sue parole) contro l’Atletico Madrid. Critico anche nelle vittorie, tipo quella con il Benevento, quando ha parlato di «superficialità». Sa che c’è da migliorare. Crescere, appunto. Di Francesco è uno che non guarda in faccia nessuno, esaltando i sui calciatori, ad esempio Florenzi, oppure stimolandoli, altro esempio Dzeko o Under. E poi è stato chiarissimo pure sulla questione preparazione, facendo capire che la tournée estiva dà più problemi che vantaggi. Di Francesco non ha ancora la squadra al completo ma per ora si accontenta. Aspetta e spera. Sta portando avanti le sue idee di calcio, pronto a cambiarle o modificarle quando avrà tutti a disposizione, leggasi Schick e Karsdorp, due titolari che praticamente non ha mai avuto.
CONTINUITÀ – In questa fase di attesa c’è bisogno di non fermare la striscia di vittorie, dopo quella con Verona e Benevento, ci vuole il successo con l’Udinese e quindi con il Qarabag, per poi presentarsi a San Siro e giocarsela a petto in fuori. Lo sforzo dovrà portare la Roma a ridosso delle big prima della sosta, sempre con una partita da recuperare (contro la Samp, saltata per il maltempo). Lui è fiducioso e anche ieri lo ha ribadito. La frase emblematica è questa: «Credo di allenare una squadra forte, che può competere con Juve e Napoli, che hanno dimostrato di avere maggiore solidità. Abbiamo cambiato tanto, ma stiamo recuperando terreno, condizione e consapevolezza. Queste vittorie, non prendendo gol, ci devono dare maggior forza. Dopo l’Udinese parleremo di percorso di crescita. Questa Roma si basa sul collettivo. I calciatori ti fanno vincere le partite, ma se tutti insieme ti portano le vittorie, preferisco. Questa squadra è cresciuta tantissimo negli allenamenti e questo fa la differenza: ciò che si fa in allenamento si fa in partita». Questo disse anche dopo Vigo, ma suonava in senso negativo e sentir esprimere questo concetto oggi significa che la squadra è cresciuta e che soprattutto il suo lavoro funziona, viene metabolizzato.
ROTAZIONI VINCENTI – Determinante è stato e sarà la gestione del turnover. Specie ora. «Il turnover è valido quando si raggiungono determinati obiettivi, ho parlato sempre di collettivo, mai di singoli, due giocatori per ruolo, non di titolari e riservi. Tutti sono indispensabili per raggiungere un obiettivo importante». Gestione del turnover e gestione del famigerato ambiente romano (mah!). «Critiche e il gradimento ci sono sempre ovunque. Quello che non mi piace è partire prevenuti, io lavoro per la Roma e non per me stesso. Quando vado in giro sento grandissimo affetto da parte di tutti, anche qui dentro (sala stampa, ndr) mi sento bene». Qui dentro.
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