L’indice di gradimento verso Spalletti tra i dipendenti di Trigoria è molto alto a giudicare dall’ovazione che il discorso dell’allenatore ha ricevuto ieri pomeriggio nel centro sportivo, nel brindisi di auguri con il mondo giallorosso. «Grazie per quello che fate, voi siete la Roma che non si vede, fondamentale come quella che va in campo. Voi senza di me andreste comunque avanti, io senza di voi non farei le stesse cose», il senso delle parole di Spalletti, preceduto pure dai discorsi dell’a.d. Umberto Gandini, del d.g. Mauro Baldissoni e di Daniele De Rossi.
Vincendo contro il Chievo la Roma chiuderebbe il 2016 con 86 punti in 39 partite, 84 dei quali messi in cassaforte da Spalletti dopo i primi due di Rudi Garcia. E sarebbe un record eguagliato, perché 86 punti (anche allora in 39 giornate) è il primato attuale che risale al 2006, edizione Spalletti anche lì.
Quel «se non vinco me ne vado» non può aver stupito troppo, se associato al famoso «non sono tornato qui per altri secondi posti» pronunciato a inizio anno, appena ripreso possesso del mondo giallorosso. Non è (solo) quello è il punto. È cercare di capire cosa c’è oltre. Dietro quelle parole pronunciate a France Football c’è una doppia strategia. È una sorta di all in dell’allenatore, convinto com’è di avere lo spogliatoio dalla sua parte: andiamo insieme a vincere, quantomeno costruiamo insieme la possibilità di alzare un trofeo. Un azzardo? Lo dirà il tempo.
Se Spalletti può anche aspettare a lungo, dall’altra parte la società – pur avendone la necessità – non sarebbe in grado di programmare oggi un’alternativa. E allora in questo senso società e allenatore sono concordi: a marzo, quando sarà abbastanza chiaro il cammino in campionato e in Europa – non conta la vittoria, ma la «possibilità di» – Spalletti e i dirigenti si fermeranno a discutere. A quel punto sarà sì o no, sarà rinnovo o guardiamoci intorno.
(Gazzetta dello Sport)
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