Così, non va. Inutile provare ad attaccarsi alla sfiga che anche ieri ha bersagliato Dzeko e la Roma, agli infortuni che hanno costretto Spalletti ad inventare in reparti fondamentali per il suo gioco e ricorrere a uomini che a inizio stagione erano partiti con il chiaro compito di fare i comprimari. Così come è inutile provare a dire che la Roma crea tanto e gioca un buon calcio, se poi continua ad incassare gol ad ogni affondo degli avversari. Anche ieri la difesa è stata ridicola, il peggior reparto in campo un po’ per carenze personali (Fazio e Peres sono poca roba), un po’ perché l’affiatamento è quello che è. Seconda sconfitta consecutiva in trasferta dove la Roma quest’anno non ha ancora mai vinto e i sogni d’oro di restare agganciati alla vetta sono già sfumati. I numeri confermano: terza sconfitta stagionale su nove gare e tredici gol subiti pur avendo ancora, incredibilmente, il miglior attacco in serie A assieme al Napoli.
E la squadra che ieri è rientrata con le pive nel sacco da Torino (dove i giallorossi non perdevano da 26 anni), ha portato con se tutti i suoi limiti: fisici, di gioco, ma anche (o meglio forse soprattutto) caratteriali. Nello sfogo a fine gara di Spalletti c’è infatti tutta la frustrazione di un tecnico che non sa cosa fare, che vede la sua squadra sciogliersi come neve al sole e assiste impotente all’ennesima debacle di un gruppo che appare un’altra volta allo sbando.
C’è poi da affrontare (e sarebbe davvero ora) il problema Dzeko. Il tecnico, per certi versi giustamente, continua a dargli spazio e a credere in lui. Dopo la doppietta contro il Crotone sembrava finalmente intravedersi una luce in fondo al tunnel, ma a Torino è sembrato essere ancora quello lento e «pantofolato» che aveva fatto imbufalire i tifosi romanisti per buona parte della scorsa stagione. Difficile capire cosa stia passando per la testa del bosniaco che continua ad essere «centrale» all’attacco romanista, ma se sbaglia l’impossibile diventa indifendibile. Quando il tuo numero 9, o meglio il tuo attaccante di riferimento riceve tra i piedi sei palle gol, non puoi perdere una partita 3-1 con una rete di un numero 10 entrato nella ripresa e per di più dal dischetto.
Già, perché per una volta a Spalletti non è bastato nemmeno l’ingresso di Totti, l’uomo «magico» che ha sì migliorato la Roma e realizzato il suo duecentocinquantesimo gol in campionato a due giorni dal traguardo delle quaranta primavere, ma è sembrato anche lui meno efficace del solito. Del resto pensare che serva sempre e comunque un quarantenne per togliere le castagne dal fuoco a una squadra che punta al vertice, sarebbe un po’ limitativo: per non dire azzardato, nonostante quel quarantenne sia Totti.
In chiusura gli ex, altro argomento sul quale la Roma forse dovrebbe farsi qualche domanda: ma come mai tutti i giocatori che lasciano Trigoria quando incontrano i giallorossi sul campo hanno il dente avvelenato ed esultano come mai prima? Certo a Iago Falque segnare una doppietta non ricapiterà più… ai tifosi romanisti è toccare assistere anche a questo.
(Il Tempo – T. Carmellini)
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