Paulo Dybala

AS ROMA NEWS EUROPA LEAGUE HELSINKI DYBALA – Un minuto e dieci secondi. Paulo Dybala, eccolo nel bel mezzo della sfida con l’HJK Halsinki: è il tempo della fantasia. Che non è mai tardi per poterla cogliere, ammirare, anche se fa il suo ingresso solo a inizio ripresa, con la festa che non decollava. I grandi hanno bisogno di riposare, non di assentarsi a lungo, per il bene di tutti.

Come riferisce Il Messaggero, Mou lo esclude, poi lo chiama. E la risposta è immediata. Un minuto e dieci secondi, nemmeno è caldo. Stappa una partita che si era messa di traverso, piena di ingorghi, con la Roma che sbatteva contro un muro. Con lui dentro, tutti sembrano più belli, perché nei piedi ha i colori e sa come usarli, senza troppi scarabocchi: Zaniolo, che era partito con la testa bassa, ritrova le giocate da signore e il sorriso (assist per il raddoppio), stesso vale per Pellegrini, che segna subito il secondo gol (dopo aver servito lo stesso Paulo per il vantaggio) e chiude praticamente il match, regalando alla Roma la voglia e la possibilità di riappropriarsi del girone, che per ora vede in testa il Betis a 6 e la Roma a 3 con il Ludogorets.

Mourinho pensa ai prossimi impegni e cambia qualche interprete rispetto a Empoli, quattro per la precisione, e fa quel che può, viste le assenze strutturali di Wjinaldum ed El Shaarawy, più Kumbulla. Dybala, così come Smalling e Abraham, devono riposare e partono dalla panchina, viene ripristinato Viña, che va a fare il terzo centrale. Il piano B era questo, non il ritorno ai quattro dietro, soluzione a partita in corsa. E il piano A è sempre lo stesso: tutti si devono sentire coinvolti, senza gelosie.

C’è Zaniolo che è un altro Dybala, parlano la stessa lingua, fa a disfa come vuole, cresce durante il match, e con lui Belotti, che prova a ricaricare le batterie con i minuti nelle gambe. Ancora non è a pieni giri, ma acquisisce più sicurezza e maggiore forza nelle gambe, poi – oltre a firmare la terza rete dei giallorossi – ha il merito di procurare l’espulsione del capitano dei finlandesi, Tenho, che lo butta giù al limite dell’area (l’arbitro lo ammonisce e poi, rivedendo il fallo al Var, estrae il rosso). Sono passati quindici minuti scarsi, quell’episodio alla fine segna la svolta, quantomeno tattica, della partita.

Con l’Helsinki in dieci dovrebbe essere tutto più facile, invece non è così, almeno all’inizio: la Roma gira a ritmi bassi. Si scontra con la diga alzata per l’occasione da Hetemaj (sì proprio lui, ex Brescia, Chievo et cetera) e soci. La prima palla gol, nel cuore del primo tempo è per i finlandesi, con Hoskonen, che stacca di testa e colpisce il palo. Brivido sulla schiena per i sessantamila inumiditi dell’Olimpico. Il solo Matic cerca la verticalizzazione, Belotti gioca di fino e di sponda.

Mou non gradisce e ci gioca su, vuole cattiveria: “Anche lui ha questa malattia, ha fatto qualche tacco che non è quello che deve fare. Deve fare gol con la schiena, con il culo, come vuole. Bisogna essere cattivi là davanti”, Dybala o meno. Messaggio a tutti. Ci provano Pellegrini, poi Cristante, quindi il Gallo stesso: tutti ipnotizzati dal portiere Hazard. L’Helsinki difende e basta, la Roma non sfonda. E’ scolastica, logica, fin troppo: manca un po’ di fantasia nei metri finali, la giocata che accende e Mourinho lo capisce. “Dybala è stato bravo, ma tutta la squadra nella ripresa ha cambiato atteggiamento. All’inizio eravamo troppo passivi”, le parole di Mou.

L’impressione è che se lo scorso anno non si potesse fare a meno di Abraham, quest’anno la squadra di José si sia legata, e ti credo, al genio di quel numero 21 che sulla maglia (nera, per l’occasione) ha scritto Dybala. Ed eccolo infatti Paulo (per Viña), a inizio ripresa. Dentro con Smalling (per Ibanez), poi vedremo anche Bove, Camara e Abraham, che non è proprio l’ultimo arrivato.

Mou cambia modulo, si passa a quattro dietro. “Sfrutto le qualità che abbiamo e nascondo le difficoltà (gli infortuni, ndr)”, ancora José. Ma ci pensa Paulo con una rasoiata a fil di palo e poi Pellegrini che butta dentro un pallone messo con il bacetto da Zaniolo, salito sugli scudi, come prima dell’infortunio (“Ha profondità e transizione difensive quando perde palla, è generoso ma mi rifiuto però di far passare questa partita per una cosa straordinaria. Quando sono arrivato a Roma, mi avevano detto che non era un professionista perché arrivava in ritardo e si allenava male. O mi avevano detto bugie o è cambiato”, sempre lo Special). E la festa, seppure con quarantacinque minuti di ritardo, può cominciare. Ora un po’ tutti cercano l’acuto: Matic sfiora il tris, onore che tocca a Belotti, servito sempre da Zaniolo. Per aprire i cancelli è bastato un lampo di Dybala. Un lampo di genio. Che ha illuminato tutti.



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