Primo Piano
La Roma gioca da sola
Sarà bellissimo, è il manifesto della campagna abbonamenti. Lo slogan dell’estate romanista. Sarà bellissimo, non lo mettiamo in dubbio. Sarà, futuro. Ma il presente bellissimo non lo è. E non per la sconfitta di Vigo, che va presa per quella che è stata, ovvero una amichevole estiva, giocata per un tempo con le riserve. Calcio di agosto. Che, si sa, non è verità assoluta, ma fornisce qualche indicazione. E noi proviamo ad analizzarla. 1) La Roma di Di Francesco non è ancora la Roma di Di Francesco. 2) Il sistema di gioco non è sbagliato di per sé, ma non è interpretato come dovrebbe esserlo e magari c’è chi ancora non lo ha digerito. 3) L’entusiasmo che manca, l’impressione da fuori è che molti lo debbano ritrovare. 4) La rosa ancora incompleta e le riserve per ora hanno perso un’occasione.
IL 4-3-3, LA ROSA E NAINGGOLAN – Andiamo con ordine: partendo dalla gestione americana, la Roma ha giocato con il 4-3-3 con Luis Enrique, Zeman, Garcia e a tratti anche con Spalletti. Se non è un modulo nel dna romanista, poco ci manca. Poi ci sta che qualche calciatore, vedi De Rossi nel 4-3-3 di Zeman si era trovato male, in quello di Garcia bene e che magari possa avere qualche difficoltà ora con Eusebio. Ci sta anche che uno come Nainggolan si sia affezionato al ruolo che gli ha disegnato addosso Spalletti e ora gli ci vuole tempo per tornare ai vecchi fasti: pure lui è nato con il 4-3-3, da Cagliari fino alla Roma di Garcia, quando si è trovato a sostituire Strootman proprio da mezz’ala. E’ chiaro che quando uno si lega a un ruolo ha difficoltà a tornare indietro, è successo anche a Totti il quale, dopo aver scoperto il gusto di fare la punta centrale, a trequarti tornava a giocare mal volentieri. Ci sta anche che di queste cose nello spogliatoio se ne parli ed è successo pure nel post Vigo, ma Di Francesco in questo momento vuole andare avanti così e tutti si dovranno adeguare, compresi i musi lunghi. Tornando al modulo, si capisce che il problema non è quello dalla prestazione di Pellegrini, apparso fuori contesto nell’amichevole di domenica (e stesso dicasi per Defrel). Lui che quel modulo lo conosce e consce bene chi glielo sta facendo fare. Poi, il 4-3-3 se il pressing non funziona, la difesa sta alta e non sa scappare se gli attaccanti perdono i palloni e non incidono, è chiaro che finisce sempre come con il Celta. Per questo la squadra che abbiamo visto fin ora non somiglia a quella che vuole il suo allenatore. Chi soffre, ma succedeva pure lo scorso anno, nella linea a quattro è Fazio (ovvio, i 10 gol nelle ultimi cinque partite non sono solo colpa sua). Serve un centrale di alto livello, che sappia compattare il reparto. Ma per il club, questa, non è una priorità (confermata anche dopo il vertice tra dirigenti a Trigoria, mentre Di Francesco, prima di partitre per Pescara, si è intrattenuto fino all’alba con Monchi), bontà sua. Per ora restano le parole di Eusebio post Vigo: l’allarme generale è stato lanciato. Così, in sintesi, non si va da nessuna parte. E tanti tifosi già mormorano.
SORRISI – Magari la squadra è stanca, in questo mese ha viaggiato e lavorato molto, ma lo sguardo di tanti calciatori è senza sorriso. Manca un po’ di entusiasmo e qualcuno a Trigoria lo ha fatto notare. Vincere a Bergamo – oltre al ritorno imminente di Totti – ne porterebbe un po’. DiFra, insomma, ha bisogno di tempo e i calciatori per primi dovranno darglielo. E’ più fcile ricominciare alla grande (Garcia) dopo un anno di fallimenti, più complicato è farlo dopo un anno (Spalletti) in cui la squadra è arrivata seconda a quattro dalla Juve.
(Il Messaggero – A. Angeloni)
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