Ambiziosa a parole ma fallimentare nei risultati. È questa la dimensione europea della Roma made in Usa, nella doppia versione con la presidenza DiBenedetto e quella Pallotta. Non è servito a nulla passare da Luis Enrique (eliminazione nei preliminari di Europa League contro lo Slovan Bratislava) a Rudi Garcia (1-7 contro il Bayern Monaco e 1-6 contro ilò Barcellona) per finire a Luciano Spalletti (quattro partite contro Real Madrid e Porto,. tre sconfitte e un pareggio, otto gol subiti e uno solo segnato, per altro su autogol del portoghese Felipe). Cambiano gli allenatori ma non cambia la sostanza. Gira una battuta molto cattiva sulla dimensione europea del gruppo di Pallotta: turisti per caso. È una Roma stile Dottor Jeckyll e Mister Hyde. In campionato, dopo le prime due stagioni piene di difficoltà, sono arrivati due secondi e un terzo posto. In campo europeo, tra Champions ed Europa League, sono state solo delusioni. Dal 18 agosto 2011 a oggi la Roma ha disputato 22 partite, ne ha vinte soltanto 3 (5-1 al Cska Mosca e 3-2 al Bayer Leverkusen all’Olimpico in Champions; 2-1 al Feyenoord in trasferta in Europa League), ne ha perse 10 e ne ha pareggiate 9. I gol incassati sono stati 46 (a una media di oltre 2 a partita), quelli fatti 25.

L’ultimo eurogol dei giallorossi risale al 24 novembre 2015, ma è stato del tutto inutile: lo ha segnato Dzeko al Camp Nou nella sconfitta per 6-1 contro il Barcellona. L’ultimo «vero» diventa così quello di Pjanic (su rigore) contro il Bayer Leverkusen, all’Olimopico, il 4 novembre 2015. Fu il gol del 3-2 che permise alla Roma di vincere la gara e di qualificarsi agli ottavi di finale, un mese dopo, con lo 0-0 casalingo contro il Bate Borisov, fischiato dal pubblico. Pubblico giallorosso che martedì sera era finalmente ritornato numeroso allo stadio. Circa 40mila, non pochi per il 23 agosto con la città ancora semivuota e la gente ancora in vacanza. Il 3-0 ha convinto una parte degli spettatori a fare quello che non si dovrebbe mai fare: andarsene dallo stadio prima del fischio finale. La Roma, tra l’altro, aveva messo in vendita dei mini abbonamenti validi per il preliminare e per le prossime tre gare casalinghe, sia che fossero di Champions sia che fossero di Europa League. Una «scommessa» a prezzo scontato che avevano accettato quasi 8.000 tifosi, sperando di fare un buon affare. Così non è stato. Le mancate vittorie in Europa hanno un costo sportivo e uno economico. La Roma non sarà in prima fascia neppure in Europa League (quando si gioca di giovedì), perché il ranking Uefa tiene conto delle ultime cinque stagioni. Poi ci sono i mancati incassi, perché le sfide di Champions League richiamano più pubblico. E infine c’è il danno d’immagine. La Roma è da tre anni senza sponsor e stare fuori dall’Europa «vera» non aiuta a trovarne uno.

(Corriere della Sera – L. Valdiserri)



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