James Pallotta

(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini) Ogni anno, quando si arriva in questo peri­odo, rileggere la «Spoon River» delle buone intenzioni romaniste mai concretizzatesi fa stringere il cuore dalla malinconia. Nelle stagioni passate Da­niele De Rossi, con saggez­za, spiegava come le colpe andavano suddivise «al 33% ciascuno tra allenato­re, squadra e società». Poi, al solito, in genere ha paga­to l’allenatore, se è vero che nelle ultime 14 annate sono stati cambiati 14 tecnici, di cui 6 solo nelle 7 della ge­stione statunitense.

RABBIA PALLOTTA – Ovvio che i contatti con gli Usa ci se­gnalano un presidente Pallotta molto arrabbiato e preoccupa­to per la netta flessione – e lo ha fatto sapere anche ai diri­genti –, ma l’impressione è che al momento non stia cercando capri espiatori in corsa, anche perché la zona Champions re­sta ad un passo, c’è un ritorno degli ottavi di Coppa contro lo Shakhtar ancora da giocare e, soprattutto, un d.s. come Mon­chi che ha piena fiducia in Eusebio Di Francesco. Certo, nel suo viaggio in Usa per incon­trare Pallotta, si parlerà anche del momento della squadra, ma lo scopo del blitz (tornerà giovedì) è solo quello di esami­nare un nuovo software di «scouting» su cui il presidente ha investito.

GAMBE E MODULO – Al netto del 33% a carico dei giocatori, è ovvio che Di Francesco si senta sotto esame. La certezza di avere un futuro nella Roma, in­ fatti, può dargliela solo una co­sa: l’accesso alla prossima Champions, perché in caso contrario, le ragioni tecniche e quelle economiche si coniugherebbero per dar via a una nuova rivoluzione, l’ennesima. Diciamolo chiaro: nel presumi­bile undici titolare la squadra dell’anno scorso era più forte dell’attuale perché Salah e Rüdiger non hanno trovato so­stituti all’altezza e alcuni «se­natori» hanno un anno di più nelle gambe. Per il resto, era noto come l’allenatore volesse praticare un 4­3­3 aggressivo, mostrandosi spesso poco con­ vinto del passaggio al 4­2­3­1 per cercare quei gol che man­cano rispetto alla scorsa sta­gione. Comunque non è mai stata questione d’integralismo – la duttilità l’ha dimostrata –, ma di caratteristiche dei gioca­tori a disposizione. Altro di­ scorso, però, è quello relativo alla condizione fisica (i due secondi tempi giocati contro Mi­lan e Shakhtar lasciano dubbi), che pare da rivedere. Detto che i prodromi della crisi c’erano già prima della sosta inverna­le, è possibile che i giallorossi, come aveva ventilato lo stesso tecnico, non siano tornati in forma e lo abbiano pagato con gli infortuni, nonostante si sus­surri che lo stesso Di Francesco – che ieri ha parlato col gruppo (insieme a Totti) senza toni apocalittici – non abbia forzato troppo proprio per evitare dan­ni. Postilla: pare comunque che a fine stagione Lippi e Nor­man, i due preparatori voluti dagli Usa vadano via..

IPOTESI RITIRO – Adesso, pe­rò, i giallorossi vogliono compattarsi, e non è escluso che da giovedì la squadra vada in ritiro a Trigoria. Di certo tanti singoli stanno deludendo. Dai vecchi (Nainggolan, per il quale Di Francesco è tornato al 4­2­3­1, è stato addirittura sosti­tuito per due gare di fila) ai nuovi (Schick). I numeri in­ fatti raccontano come, a og­gi, nella scorsa stagione Nainggolan aveva segnato 12 gol contro i 2 attuali, Schick 8 (1), Dzeko 29 (14), Strootman 3 (1), Pellegrini 7 (2), Defrel 12 (1). In tota­le, insomma, mancano cin­quanta reti.

CASO EL SHAARAWY – In questa ottica, fa parlare an­che l’evaporazione di El Shaarawynel novero delle scelte contro lo Shakhtar (in tribuna) e Milan (in panchi­na). Per l’allenatore l’attac­cante deve ritrovarsi, anche se lo sta penalizzando la solitaa fragilità caratteriale. Di sicuro gennaio ha spazzato via tante certezze. Se Nainggolan – dal video di Capodanno (e relativa esclusione) – è evaporato, anche Dzeko (dal momento della trattativa col Chelsea) pare avere perso fiducia nel suo rapporto con la Roma. Che pure avrebbe tanto bi­sogno di lui. E non solo.



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