Il massimo risultato europeo, più o meno dell’ultimo decennio, la Roma lo deve a Luciano Spalletti: quarti di Champions, aprile 2008, eliminazione per opera del Manchester United (0-2/1-0). Da quella sera, come sottolineò una volta Lucio stesso, la Roma è praticamente sparita dal panorama internazionale (nove passaggi europei tra Champions – preliminari compresi – e Europa League con massimo un ottavo di finale), pure Spalletti, che con lo Zenit prima e quindi di nuovo con la Roma (11 partecipazioni), ha raggiunto al massimo gli ottavi o di Champions o di Europa League. Nessuno può gonfiarsi il petto. Sarebbe stato bello analizzare i perché di questa insufficienza continua senza andare a sfoderare i soliti luoghi comuni, come l’ambiente, il mestiere, la malizia, l’esperienza, l’abitudine, il tacco e la punta, i tapiri (ieri Striscia gliene ha consegnato uno, ndr). Si sarebbe stato bello poter parlare solo di calcio, del prossimo derby contro la Lazio, della difesa necessaria/obbligatoria del secondo posto, il calendario che in questo senso ti darà una mano, invece si è tornati ai rapporti tra tecnico e giornalisti, a chi sopporta di più chi, alle sfighe e agli sfigati, per poi accusare altri (sempre gli altri…) di parlare delle stesse cose. E riecco l’ambiente ostile, quello che lo stesso Lucio, quando voleva creare lo stile Roma (bei tempi), aveva definito «perfetto per lavorare». Spalletti ha ritirato fuori l’sms che Pallotta avrebbe ricevuto da un giornalista al momento del suo ritorno a Roma. Un messaggio in cui, Lucio era (sarebbe) definito un «uomo pericoloso». Benissimo.

OBIETTIVI MINIMI MA MASSIMI Ammesso che questo messaggio Pallotta lo abbia ricevuto davvero (non possiamo saperlo con certezza), la riflessione è comunque d’obbligo: possibile che un messaggio (uno) di un giornalista (uno) diventi la causa dei suoi mali e una categoria (tutti per colpa – eventualmente – di uno) non lo sopporta? E soprattutto, caro mister, perché di quel messaggio parla solo ora e non lo ha denunciato 14 mesi fa? Oggi, forse, c’è un maggiore bisogno di mostrarsi arrabbiati e sfibrati. Perché il non ce la faccio più colpisce, funziona e resta sempre la migliore via di fuga e attaccare un ambiente ti fa vincente, sempre e comunque. Se Spalletti vuole andare via, lo faccia (sarebbe legittimo), nonostante qui a Roma abbia tanti estimatori – comunicatori compresi, ma lui non li vede o non li vuole vedere – La guerra non gliela sta facendo nessuno, nemmeno dopo l’eliminazione dalla Europa League (oltre a quella dalla Champions). Un (uno) sms non può essere il pretesto per una battaglia di religione o la causa di un addio. Ma siamo alle solite: si generalizza. E come dice Spalletti, poi si fa confusione.

OGGI O DOMANI CON JIM Roma è lo stesso ambiente che nel 2005 lo ha accolto con qualche volantini poco carino (“Sampdoria … serie B, Venezia … serie B. Con questo passato nessun futuro, no a Spalletti”). Possibile che tutto questo all’epoca sia stato superato di slancio e invece adesso ci si incagli davanti a un sms (uno) di quattordici mesi fa (quattordici). Tra oggi e domani, Lucio vedrà Pallotta. Tutto può cambiare. Parlando di calcio e di programmazione e dicendosi le ragioni (vere) e le clausole per restare o andare via. Le ragioni vere.

(Il Messaggero – A. Angeloni)



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