(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini) “Usciamo a testa alta, ora andiamo avanti”, scrive Alessandro Florenzi su uno dei suoi profili social. Sembra il manifesto programmatico della Roma nei giorni che la separano dal prossimo match contro il Sassuolo, ma la zavorra che la realtà ha messo sulle spalle alla squadra giallorossa rischia di far perdere di lucidità.
CRISI DA DERBY? Sembra un paradosso, ma la vittoria nel derby contro la Lazio pare avere inoculato tossicità nel gruppo di Eusebio Di Francesco, che nelle otto partite successive ha vinto tre volte, perso altrettante e pareggiato in due occasioni. Una marcia non da protagonista assoluta, tanto più che in questo spicchio di gare i gol segnati e subiti si sono equivalsi: sette. Ovvio che la suggestione da Stracittadina maledetta sia solo un pretesto “letterario”, così come l’incubo dello Juventus Stadium, in cui peraltro la Roma ha perso gli ultimi 8 incontri disputati (Coppa Italia compresa), subendo 20 gol e realizzandone solo 3. Ciò che suggestione non è, invece, è che il vanto della migliore difesa del campionato (11 reti al passivo) s’incaglia sul fatto che l’attacco si piazza malinconicamente al 7° posto della Serie A, dietro anche alla Sampdoria e all’Udinese, cosa che non si può spiegare solo con l’eclisse di Dzeko (1 gol nelle ultime 14 partite disputate) o l’errore commesso ieri da Patrik Schick, il più costoso acquisto della storia giallorossa (42 milioni circa).
CRITICHE E RIMPIANTI – Avviso: sarebbe un follia mettere sulla gogna il giovane talento ceco seguendo l’onda dei social, che oggi lo crocifiggono allo spreco sotto porta nel finale. Schick continua ad avere un gran futuro davanti, tanto più che il ragazzo – tra ansie cardiache e infortuni – è reduce da un’estate ed un autunno da incubo. Schick può mantenere tutte le promesse che ha lasciato intravedere nella scorsa stagione in blucerchiato, così come la Roma ha ancora tutte le chance per vivere una stagione da protagonista vittoriosa. L’importante è non accontentarsi, non vivere l’ennesima sconfitta con la Juve con lo spirito di chi dice: “Però ce la siamo giocata”. Questa che si è chiusa per i giallorossi è stata una settimana complicata, cominciata con una fortunosa vittoria nel recupero contro il Cagliari benedetta da una contestata Var, proseguita con la inopinata eliminazione della Coppa Italia causa sconfitta interna col Torino (e non è detto che la colpa sia da attribuire solo al turnover massiccio di partenza) e conclusa col k.o. contro la Juventus ad opera dei titolatissimi senza neppure l’alibi della stanchezza. Detto tutto ciò, occorre rialzare la testa e lavorare, a cominciare dal 26, visto che oggi e domani i calciatori saranno liberi.
SFORTUNA – Certo, la sfortuna recita un ruolo – ed in questo senso i 16 legni colpiti in questa prima metà della stagione raccontano parecchio – ma è più utile cercare di sradicare i problemi della stretta attualità, perché non può essere solo un caso se il capocannoniere dello scorso campionato si sia fermato e se i tre attaccanti arrivati in estate abbiano segnato complessivamente solo un gol (Schick inutilmente in Coppa, Defrel e Under sono a quota zero). Perciò hanno ragione Di Francesco e il d.s. Monchi quando invitano a moltiplicare l’impegno. Un modo per esorcizzare i soliti ritornelli che ricordano come i sei anni di proprietà Usa non abbiano portato nessun trofeo, con la sottile, amara amarezza di sapere che alcune degli ottimi giocatori ceduti – Marquinhos, Szczesny, Benatia, Pjanic, Rudiger, Salah – avrebbero potuto essere senz’altro decisivi per riempire la bacheca e funzionali agli ottimi allenatori che si sono succeduti in panchina (Luis Enrique, Garcia e Spalletti su tutti). Il bilancio però ha avuto sempre le sue esigenze e, se è vero – come dice il d.s. Monchi – che i tifosi non vanno allo stadio per applaudire i conti in ordine, occorre ricordare che macerarsi sul passato non serve a niente. Meglio guardare avanti e cercare di evitare un’altra stagione di rimpianti. La Roma giallorossa chiede solo questo.
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