Patrik Schick

(Il Messaggero – S. Carina) La «Roma da scudetto», auspicata ieri dall’ad Gandini ai microfoni di Sky, passa dalla coesistenza tra Schick e Dzeko. Appurato ormai da tempo per ammissione di Monchi come in estate l’obiettivo fosse un esterno offensivo di qualità (Mahrez) per il 4-3-3, e che l’acquisto del ceco, come ribadito dal ds, «non è il profilo esatto che cercavamo ma un investimento per il club, al quale rinunciarvi per mere questioni tattiche sarebbe stato un errore», ora tocca a Di Francesco trovargli una collocazione. «Non ho la bacchetta magica», ha ammesso candidamente il tecnico non più tardi di una decina di giorni fa. Tuttavia, almeno negli assalti finali, sono due le variabili sulle quali sta lavorando da settimane: 4-2-4 e 4-2-3-1. Assetti che considerando l’attitudine di Schick ad affiancare Dzeko, diventano molto simili. Anche col 4-2-3-1, infatti, dove Patrik parte leggermente dietro il bosniaco, finisce per trasformarsi velocemente in un 4-2-4 con l’ex Samp vicino a Edin più due esterni offensivi molto larghi. La domanda è lecita: è possibile trasformare quello che sinora è stata la variabile in corsa (per sbloccare la gara come accaduto con Genoa, Chievo e Cagliari o recuperarla, leggi sabato scorso contro la Juventus) in uno schieramento già dal primo minuto?

METAMORFOSI CONGELATA La risposta rimane congelata. Perché Eusebio al netto di quello che potrà accadere nel mercato di gennaio – non ha intenzione per ora di cambiare almeno in partenza il 4-3-3. Il motivo è duplice: 1) Il modulo gli garantisce equilibrio, come dimostrano i 12 clean sheet stagionali 2) Anche volendo cambiare, gli mancherebbe una pedina. Che sia un terzino destro (alla Vrsaljko o Darmian per intenderci) o un’ala, la rosa nonostante i numerosi acquisti operati in estate con il ko di Karsdorp è monca proprio in quel ruolo. Perché per attuare ad esempio il 4-2-4, che poi non è altro che un 4-4-2 con due esterni più offensivi (come faceva Ventura con il Torino di 3-4 anni fa) gli servirebbe spostare Florenzi più alto. Mossa che lo costringerebbe a inserire Peres nel quartetto difensivo, sbilanciando inevitabilmente la squadra e rendendo il reparto, sinora il punto di forza con appena 11 gol subiti, vulnerabile. Discorso opposto con Florenzi basso. A quel punto mancherebbe un’ala di ruolo per non squilibrare l’assetto come accade quando lì schiera Under, un attaccante. Difficoltà che Di Francesco era consapevole che prima o poi sarebbero arrivate. Non è un caso che inizialmente in quella posizione (trasferta contro il Torino, 22 ottobre), il tecnico – aspettando Schick – avesse provato addirittura Nainggolan. Per attuare una metamorfosi del genere, serve però tempo. Che la Roma non ha. Il Sassuolo sabato e l’Atalanta il giorno della Befana non permettono esperimenti. La certezza, quindi, è che almeno sino alla prossima sosta del campionato, si andrà avanti con questo 4-3-3 atipico. Anomalo perché Schick tende per natura («Sono un attaccante e penso sempre al gol», il mantra del ceco) e caratteristiche tecnico-fisiche, ad affiancare Dzeko. Novità potrebbero arrivare invece dalla posizione di Perotti, leggermente più accentrata rispetto al solito in fase di possesso, sia per favorire le avanzate di Kolarov che per permettere all’argentino di trasformarsi in trequartista dietro ai due centravanti.



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