Rassegna stampa
La Roma va avanti 3-1, ribaltone in 7 minuti: la Juventus affossa Mourinho
ULTIME NOTIZIE AS ROMA JUVENTUS – Di questo 4-3 non faranno un film. Sette gol, un rigore sbagliato, emozioni, divertimento, ma non una bella partita. Le belle partite nascono da belle squadre. Roma e Juve, imperfette, sbagliate, si sono sfidate a colpi di errori e alla fine ha sorriso la Juve che era partita peggio, scrive La Gazzetta dello Sport.
Due inizi di tempo sciagurati, con motivazioni in pigiama, gioco improvvisato e al 70’ la Signora si ritrova sotto di 2 gol (1-3), con la zona Champions lontana e la stagione ferita a morte. Poi l’ingresso di Morata e Arthur e la forza della disperazione alimentano la clamorosa risalita. Ma, soprattutto, esplodono i limiti di una Roma di burro, in grado di subire 3 gol in 7’, ancora una volta incapace di difendersi, di gestire e di reggere lo sguardo delle grandi.
Mourinho, alla nona sconfitta (tantissime) non ha saputo trasmetterle personalità e neppure maturità tattica. L’impresa dell’Olimpico lancia la Juve con entusiasmo verso la Supercoppa di mercoledì, anche se si presenterà a casa Inter senza gli squalificati Cuadrado e De Ligt e senza l’infortunato Chiesa (ginocchio), per il quale si teme un lungo stop.
Roma e Juve condividono lo stesso modulo di riferimento (4-2-3-1), ma non si specchiano perché ne danno un’interpretazione particolare e liquida. Mourinho, dopo il suicidio di San Siro con Veretout dato in pasto al centrocampo arricchito di Pioli, gli affianca il più protettivo Cristante. Il tridente offensivo è asimmetrico, con Mkhitaryan che gioca dentro il campo, per dare più spessore alla costruzione e spalleggiare Pellegrini sulla trequarti, mentre Felix resta larghissimo a sinistra.
Debutto lampo per Maitland-Niles che ha bisogno di smaltire emozione e ambientamento: a giudicare dai primi cross, non ha un destro di miele. Dall’altra parte, Locatelli e Bentancur gestiscono circolazione e interdizione davanti alla difesa. Il tridente alle spalle di Kean è ancora più destrutturato, perché Dybala, che dovrebbe essere il trequartista, si abbassa di continuo e parte volentieri da destra, mentre McKennie sale al suo posto per sfruttare le sue doti di incursore.
Più stanziale Chiesa che attende palla a sinistra per convergere. Questo per quanto riguarda la scacchiera, guardiamo ora le pedine: più calde quelle giallorosse che hanno già conquistato una manciata di corner, quando Veretout scodella quello buono all’11’. Nella logica della difesa a zona, la palla casca tra Bentancur e Rugani: lì mezzo c’è Abraham che incorna in rete. Sfortuna? No. Fosse caduta tra Bonucci e Chiellini, uno non si sarebbe fatto scavalcare e l’altro avrebbe aggredito la palla, avanzando con altro furore.
La Juve pareggia dopo 7’ ed è un bel gol. Chiesa imbecca Dybala al limite, in un vuoto assurdo e colpevole. Dov’è Cristante? Sbaglia la Roma che concede alla Joya tutto il tempo di controllare e fiondare, ma la confezione del sinistro a giro è perfetta. Quante altre volte Dybala si fa trovare in quella posizione che è la migliore per spendere il suo genio? Pochissime, perché parte troppo defilato e troppo lontano dalla porta. D’accordo le rotazioni per sorprendere, ma serve un minimo sindacale di ordine tattico per avere linee di gioco sicure e riconoscibili.
La Juve, a gennaio, non ce le ha ancora. Anche a Roma, la Signora improvvisa. Se non hai gioco, se ti mancano individualità trascinanti e non ci metti neppure furore, è difficile venirne fuori. E infatti la Juve, che ha perso Chiesa (distorsione al ginocchio), dopo 8’ di ripresa è sotto di due gol: 3-1. Un altro, l’ennesimo, inizio di tempo con il cuore freddo. De Sciglio che rincula invece di accorciare su Mkhitaryan, concedendogli il tiro del 2-1 al 3’, spiega bene il concetto. Imparabile la punizione de Pellegrini (8’). Qui la Juve, sotto di due gol, agganciata in classifica dalla Roma, ancora più distante dalla zona Champions, rischia di naufragare del tutto. Invece riemerge sana e salva da sotto il treno, con l’entusiasmo e l’ottimismo nel futuro dei sopravvissuti.
Merito di Arthur che ha dato (finalmente) più razionalità alla circolazione e soprattutto di Morata, che ha sostituito l’invisibile Kean, e ha dato peso all’attacco: ha creato il 2-3 di Locatelli e innescato il 3-3 di Kulusevski. Da capro espiatorio a eroe. Ma è tutta la Juve che, sull’orlo del baratro, ha tirato fuori un altro cuore. De Sciglio, quello che arretrava, un allegriano della prima ora, ha segnato il gol del 4-3. Szczesny ha parato un rigore di Pellegrini.
La Juve ha chiuso in dieci (espulso De Ligt), con Chiellini ferito e fasciato: la mistica della sofferenza che alla Signora piace tanto. Ma la rimonta, come detto, si spiega molto di più con i limiti della Roma, implosa di colpo (3 gol subiti in 7’), come un palazzo abusivo, per carenze tattiche e di personalità, mai soccorsa da Mou con cambi opportuni o aggiustamenti tattici. Allegri punta il primo traguardo stagionale: la Supercoppa. In una notte secca si può vincere anche con una squadra imperfetta. E alla Juve vincere resta la sola cosa che conta.
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