NOTIZIE AS ROMA STADIO – «Noi così non firmiamo niente», dicono i dirigenti dell’Urbanistica comunale. E lo stesso ripetono tanti consiglieri grillini che dovrebbero votare in Assemblea capitolina la maxi-variante per Tor di Valle, con migliaia di cubature in più per i privati rispetto al Piano regolatore: «Impossibile approvarla ora». «Ma il progetto va salvaguardato», insistono i dirigenti della Roma che vorrebbero il piano “bollinato” dal Campidoglio senza troppi ritardi, al massimo dopo l’estate. Tra le parti in commedia, in questa storiaccia di calcio (poco), affari (tanti) e mazzette, in mezzo c’è Virginia Raggi che prova a farsi concava e convessa. Sa che dopo avere appoggiato la svolta pro-stadio del febbraio 2017, affidandosi a Lanzalone, ora non può forzare la mano con i suoi. «Niente fughe in avanti o la maggioranza non tiene», la avvertono i fedelissimi. Ma non vuole nemmeno perdere l’asse strategico con la Roma. Dopo un’altra nottata difficile, ieri mattina, la sindaca ha incontrato il diggì giallorosso, Mauro Baldissoni, scodellando l’unica proposta possibile per i suoi, quella che la piazza su una linea attendista: «Dobbiamo verificare tutte le carte», dice e avvia una due diligence interna già anticipata dal Messaggero. Solo dopo questa ispezione dei tecnici, se non salteranno fuori irregolarità, si potrà andare avanti. Insomma, i tempi si allungano e non poco. «Impossibile pensare a una variante prima del 2019», traducono fonti qualificate del dipartimento Urbanistica. Anche perché prima andrebbe rivisto tutto il piano viabilità, quello sì, stando alle carte degli inquirenti, falsato dai privati che negli studi presentati alla conferenza dei servizi scrivevano che anche senza il nuovo ponte il traffico sarebbe stato in «riduzione», mentre nelle intercettazioni se ne beffavano: «Sarà il caos», «ma questo tienilo per te», dice un dirigente di Eurnova arrestato. Raggi quindi per il momento temporeggia, mentre la Roma, che in Campidoglio ieri si è presentata con Baldissoni e il responsabile operativo Guido Fienga, non vorrebbe scostarsi troppo dal cronoprogramma originale, buttato giù prima della retata, che prevedeva l’ok dell’Aula Giulio Cesare addirittura a luglio, in piena estate, e la prima pietra nel 2018, per poi aprire l’impianto sportivo – con accanto l’«Ecomostro» di uffici, negozi e alberghi – già per la stagione 2020-2021. Pallotta negli ultimi giorni lo ha detto chiaro: «Mi auguro che il progetto sia portato avanti, senza significativi ritardi». Invece no. I tempi si allungheranno. E questo crea inevitabili frizioni tra Campidoglio e società. Raggi, che non è stata coinvolta nell’inchiesta, vuole restare «nel solco della legalità». E così, in un video diffuso ieri con Baldissoni di fianco, ha ripetuto che «se questa verifica darà esito positivo, si potrà continuare. Per tutto il resto, confidiamo nella magistratura».
CURATORE INTERNO Tocca capire poi chi prenderebbe le redini della Eurnova, la società di Parnasi squassata dall’inchiesta. A sentire quanto trapelava ieri da ambienti della Roma, potrebbe essere un curatore interno, già nell’organico dell’azienda, l’opzione più rapida. Ma proprio il fatto che a gestire l’impresa travolta dagli arresti sia un dipendente di Parnasi, potrebbe rafforzare le perplessità dei consiglieri grillini. Proprio l’inquietudine della pattuglia M5S in Consiglio comunale, che non è più governata dall’ex capogruppo Paolo Ferrara, indagato, preoccupa chi spera ancora che l’affare Tor di Valle vada in porto.
(Il Messaggero – L. De Cicco/S. Carina)
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