La ripresa degli allenamenti, ma soprattutto quella del campionato, è una battaglia tutta politica. Una guerra di principio: nessuna scorciatoia per la serie A rispetto al Paese. Ieri si è riunita la Commissione Tecnico Scientifica, oggi lo farà nuovamente, per analizzare il protocollo e dare una risposta al Ministro della Salute, Roberto Speranza in merito alla ripresa.
Come già emerso nei giorni scorsi il protocollo nella sua essenza va bene ma resta il nodo tamponi. Una questione etica. Ieri è stata nuovamente sollevata da Giuseppe Ippolito, Direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive dello Spallanzani e da Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità del Ministero della salute: Come si possono fare così tanti tamponi ai calciatori se non ce ne sono per i cittadini? E l’altra questione è: Un flusso così grande di analisi intaserebbe ancor di più i laboratori, soprattutto quelli del nord.
Il calcio si è già mosso su entrambi i fronti. Per il primo ha già un accordo di massima con il Campus Biomedico di fatto per non pesare sulla collettività: per ogni tampone è come se ne venissero comprati 5 per i cittadini. Si stanno studiando anche altre formule. Pronto anche l’accordo per il check up completo di giocatori e staff con due tamponi, due test sierologici, analisi del sangue e visita internistica. C’è anche l’ipotesi che a fare le analisi sia l’istituto di medicina dello sport. Insomma il calcio insiste nel dire che tutto sarebbe a carico suo e che, anzi, investe per sostenere lo screening sul territorio. Sul tema è tornato anche il direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza: «Decisione difficile, non mi sembra che ci siano le condizioni per rischio zero».
Resta, insomma, da convincere il governo. In queste ore il calcio è in forte pressing. Sono giorni decisivi per la serie A che domenica sera conoscerà un destino che con ogni probabilità è già noto: allenamenti individuali per due settimane. E poi? Resta un grosso punto di domanda. Da Palazzo Chigi non hanno la minima intenzione di fissare altre date.
In Germania dal 6 aprile è stata concessa la ripresa a gruppetti con distanziamento (1,5-2 metri) ma ad oggi, ossia 19 giorni dopo nulla è cambiato. E’ vero si parla di riprendere il campionato il 9 maggio. Già, ma con la mascherina. L’Olanda ieri ha chiuso l’Eredivision. Un segnale forte anche contro le minacce delle Uefa. In Spagna hanno posticipato rispetto alla data del 27 aprile fissata per la ripresa. La Lega di serie A ha chiesto 3 settimane di allenamenti (in gruppo) prima di tornare a giocare. La palla resta nelle mani della politica che non ha ancora intenzione di mollarla del tutto.
Ecco perché il presidente della Figc, Gabriele Gravina con una mano porta avanti la battaglia per giocare tutte le giornate del campionato e con l’altra perfeziona il piano B. Già pronto da tempo: play-out e play-off. Una sua idea che alla lunga vorrebbe introdurre in pianta stabile nel campionato. Se il via libera definitivo dovesse scattare a fine maggio inizi giungo appare chiaro che è impossibile giocare le 12 gare rimanenti più i recuperi entro il 2 agosto. E allora ecco la soluzione: poche gare, magari da giocare tutte al centro sud e con un grande appeal per i telespettatori. E magari si troverebbe anche una via con le Tv che già reclamano sconti.
Un totale di 12, massimo 16 squadre, coinvolte tra corsa scudetto e retrocessione. Una formula modello Champions con quarti di finale e semifinali andata e ritorno e la finale in gara unica. Pochi spostamenti, giocatori monitorati per le due settimane necessarie. Partite spalmate su più giorni di grande impatto per i tifosi. Tutte a porte chiuse e quindi nessun vantaggio. Tradotto si può giocare tra Firenze, Roma, Napoli e nel resto del sud dove il virus non ha avuto certo lo stesso impatto che ha avuto al nord. Un progetto che salverebbe la stagione e renderebbe tutti contenti. O quasi.
(Il Messaggero)
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