Mentre davanti alle telecamere (e nelle repliche via tweet), Beppe Grillo e James Pallotta si accapigliano su Tor di Valle, sottotraccia, schermata dalle polemiche, prosegue la trattativa tra il Campidoglio e i privati che sognano di realizzare l’«Ecomostro» di negozi e uffici, accanto a uno stadio più piccolo dell’Olimpico. A tenere i fili della contrattazione è l’avvocato di fiducia del M5S, Luca Lanzalone. Ieri è stato tutto il tempo nel suo ufficio di Genova, ma ha seguito da vicino gli sviluppi della situazione romana. Oggi è previsto un nuovo incontro tra i tecnici comunali e gli ingegneri ingaggiati dai proponenti. Il vertice istituzionale, dopo il rinvio di ieri, è fissato per domani: da una parte i rappresentanti della giunta (dovrebbe esserci anche la sindaca Virginia Raggi) dall’altra il diggì della Roma, Mauro Baldissoni, e il costruttore Luca Parnasi. In vista dell’incontro, il pressing giallorosso si è alzato anche sui social network. Con i profili dei tifosi scatenati contro i consiglieri pentastellati più critici.
Ma anche il Comune prepara le sue mosse. Ieri la sindaca ha avviato la procedura per «revisionare» la delibera 132, varata dell’amministrazione Marino a dicembre del 2014. Il documento firmato dalla Raggi si conclude così: «La nota del 1 febbraio (il parere «non favorevole» espresso dal Comune, ndr) è da intendersi come provvisorio e non definitivo, onde consentire a Roma Capitale di esprimere un parere definitivo sul progetto». Significa che, per il momento, il Campidoglio non intende annullare il vecchio provvedimento. Ma solo cambiarlo. Come? Il confronto con i proponenti ruota attorno a tre pilastri: tagliare le cubature, tagliare le infrastrutture pubbliche, spostare lo stadio di qualche centinaio di metri.
LO SPOSTAMENTO – Una diversa collocazione dell’impianto sportivo (ma sempre a Tor di Valle) punta ad aggirare due criticità: il vincolo che ha deciso di apporre la Soprintendenza, perché lo stadio si allontanerebbe dall’ippodromo di Lafuente che il Mibact vuole tutelare. E poi il rischio idrogeologico, perché la nuova struttura verrebbe edificata in quei terreni che non sono stati classificati come «R3» e «R4» (a forte pericolo di inondazione) dall’Autorità di bacino. Se basterà a superare i dubbi dei tecnici è tutto da dimostrare. Ma per far sopravvivere l’operazione immobiliare, questa è la via che Comune e privati intendono seguire.
Il M5S poi insiste per tagliare le cubature monstre per le opere private. La sforbiciata deve superare il 20-25% offerto dai proponenti. Anche in questo senso, forse, vanno lette le dichiarazioni di ieri di Grillo. Alzare la posta, per abbassare i metri cubi. I Cinquestelle vorrebbero un taglio di circa il 40%. E sono disposti anche a sacrificare alcune opere pubbliche che la delibera del 2014 prevedeva a carico dei privati (il ponte sul Tevere, il potenziamento della Roma-Lido, l’adeguamento della via Ostiense-Via del Mare, lo svincolo sulla Roma-Fiumicino). Anche per questo il provvedimento verrebbe «revisionato». Nel progetto, per il Campidoglio, non dovrebbero più esserci grattacieli. Le cubature delle tre torri dovrebbero essere in parte cancellate e in parte redistribuite su altri edifici (in tutto le strutture commerciali sono 16).
CONFERENZA LAMPO – C’è poi il nodo dei tempi: la conferenza dei servizi scade il 3 marzo. Entro quella data il Comune dovrebbe varare la delibera con i cambiamenti al progetto. Poi bisognerebbe votare una variante urbanistica. Se domani ci sarà un accordo, la Roma potrebbe chiedere una nuova proroga. Ma c’è anche un’altra ipotesi in campo: quella di chiudere questa conferenza senza esiti e di convocarne un’altra, terminando l’iter in tempi record.
(Il Messaggero – L. De Cicco)
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