(La Stampa – G. Buccheri) L’ultimo di una lunga serie a puntare (giustamente) l’indice contro gli arbitri senza Var in Europa è stato il patron della Roma James Pallotta. «Ridicolo», ha definito Skomina, il direttore di gara che non ha visto la parata di Alexander-Arnold sul tiro di El Shaarawy (tanto da scusarsi nel dopo gara con i giallorossi): sarebbe stato rigore e rosso per il difensore del Liverpool e l’occasione, la più grande, perché la Roma cominciasse a costruire la clamorosa rimonta con mezz’ora da giocare. La rimonta è svanita, la Roma guarderà in tv il duello finale di Kiev fra i Reds e quel Real Madrid, accusato a sua volta dal Bayern Monaco di avergli sfilato l’appuntamento del 26 maggio per un fallo di mano di Marcelo, incredibilmente, non visto e non punito da una moviola in campo che, illogicamente, in Champions non c’è. La rivoluzione I club europei si interrogano, i tifosi si arrabbiano, gli sponsor rumoreggiano: non si può più rimandare la grande rivoluzione ora che il pubblico, gran parte di esso, si è abituato alla Var in casa propria. Così, ad esempio, in Italia, Germania e Portogallo. E, così, dal prossimo anno, in Premier League. E, l’Uefa? Il suo presi-dente Aleksander Ceferin ha raccontato come per l’introduzione della Var «non debba esserci fretta, ma che, comunque, arriverà anche nelle coppe a partire dal 2019/2020…». Ceferin ha parlato dopo un’altra notte di Madrid, quella del rigore al Real all’ultimo assalto, a vanificare la straordinaria impresa della Juve nei quarti di finale: da allora la situazione si è avvitata su se stessa fino al punto che qualcuno si spinge ad osservare che con la Var la finale di Kiev sarebbe stata Roma-Bayern Monaco. Senza fretta, ma senza sosta. L’Uefa ha chiuso le porte alla moviola in campo per la prossima edizione, ma, allo stesso tempo, quelle porte potrebbero riaprirsi. Come? Una delle ipotesi è quella di preparare gli arbitri d’èlite delle varie federazioni alla Var dalla fase ad eliminazione di-retta. Su questa possibile soluzione pesa la perplessità di chi giudicherebbe quantomeno irrituale cominciare una competizione in un modo (senza Var) e dagli ottavi di finale terminarla in un altro (con la Var): la Champions, però, è come se fosse un torneo che, ad un certo punto, ricomincia senza alcun legame con quanto successo prima. Tradotto: lo spartiacque fra la fase a gironi e le gare da dentro o fuori è un confine netto ed evidente. Il tema della preparazione degli arbitri e degli investimenti economici per dotarsi della moviola in campo in ogni stadio di ogni federazione affiliata all’Uefa frenano il battesimo della Var fin dai turni preliminari di agosto e, per questo, Ceferin usa la caute-la. Ma dagli ottavi lo scenario cambia. Se ne parlerà nell’Esecutivo Uefa a Kiev prima della finale, ne parleranno i club riuniti nell’Eca guidata da Andrea Agnelli: le ultime parate, non corrette, fanno tifare per la Var.



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