Francesco Totti, capitano della Roma

L’addio al calcio di Totti è maturato molto prima di mercoledì pomeriggio. Monchi era ancora a Siviglia e a Trigoria si sognava ancora lo scudetto. Sono passate un paio di settimane da quel giorno, quando Mauro Baldissoni, direttore generale ed emanazione italiana del presidente Pallotta, decise che era ora di fare un discorso serio al suo capitano: «Francesco, dobbiamo dirlo». Un incentivo a dare l’annuncio più triste, ricordandogli che con l’arrivo dalla Spagna del nuovo direttore sportivo, comunicare la decisione sarebbe stato inevitabile. E provando a convincerlo con una frase del tipo: «Sarebbe più corretto lo dicessi tu». Dall’altra parte solo un timido «ci devo pensare », in cui era nascosto tutto il dolore di Francesco per la “fine”.

Non è che non volesse dirlo: non sapeva come. Troppi i dubbi sul cosa fare “da grande”: ne dovrà parlare con la società, e non sarà facile mettersi d’accordo considerando che i programmi che ha per lui la Roma sembrano distanti dalla sua idea di restare a contatto col campo. Annunciare la fine vuol dire confrontarsi con il dilemma: proseguire nella Roma oppure firmare un divorzio dolorosissimo a un anno appena dalle nozze d’argento. Dubbi che si è portato appresso lungo due settimane di pressing, in cui la Roma ha più volte ripreso il discorso, rimandato regolarmente da lui.

Il dies irae poteva risuonare su un trono un po’ kitsch del negozio nel centro di Roma, quando Totti inaugurò la settimana del derby presentando la nuova scarpa dorata griffata Nike. Sarebbe stato Francesco così a decretare la fine della sua prima vita, e una mezza dozzina di uomini della comunicazione della Roma erano lì per ammortizzare gli effetti contundenti di una notizia esplosiva. Ma forse per lui era ancora presto. Per rimandare ancora aveva pure risposto all’allusione nemmeno troppo velata di Baldissoni («Vivrà altri derby da dirigente») con un secco: «Che smetto lo dicono gli altri, io non dico niente». Inevitabile restasse deluso quando Monchi l’ha convocato per annunciargli la fine. E come a lui, anche al numero uno del Coni Malagò, sportivo tradito dal tifo per i giallorossi, il modo non è piaciuto: «Doveva essere Francesco a dire addio».

Da ieri, dopo un brindisi un po’ cupo al compleanno di Nainggolan insieme ai compagni di squadra e alla moglie Ilary, chiuso con un saluto più caldo del solito dei compagni al capitano triste, è davvero iniziato il “dopo”. A raccontarlo, meglio di mille parole, la foto scattata a Trigoria per il corso contro il calcio-scommesse: la squadra schierata ad ascoltare e Francesco sulla destra, triste, solitario, e pure final. Anche per questo forse Totti non ha molta voglia di imbastire celebrazioni particolari. Ci ripenserà: all’ultimo atto, Roma-Genoa del 28 maggio, mancano 23 giorni e i tifosi in ansia non possono ancora nemmeno acquistare i biglietti. Intanto potrà godersi domenica, per l’ultima volta, gli applausi di San Siro. E chissà che il suo cuore in tumulto non partorisca una lacrima irrequieta.

(La Repubblica – M. Pinci)



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