Il paragone è impegnativo: Dzeko ha segnato 10 gol in 10 partite, come Batistuta nel campionato 2000-2001, quello del terzo e ultimo scudetto della Roma. Il buon Edin, senza mancare di rispetto al bomber argentino, può mettere in campo anche una statistica personale: 10 gol nelle prime 10 presenze li aveva segnati pure nel campionato dello scudetto con il Manchester City allenato da Mancini, stagione 2011-2012. Gli scaramantici si tengano alla larga, gli ottimisti possono andare al punto scommesse più vicino. Ma che cosa è cambiato da Edin Cieco del campionato scorso — dileggiato villanamente sul web con fotomontaggi insieme a un cane guida — a Edin Spietato? Punto primo: Dzeko ha studiato l’italiano e il campionato italiano. Se la cava bene con la nostra lingua e ha capito quello che Spalletti vuole da lui: «Mi diceva sempre di attaccare lo spazio dietro la linea dei difensori avversari e io non sempre lo facevo». Punto secondo: ha potuto fare il ritiro precampionato con la squadra e ne ha tratto enormi benefici, soprattutto fisici.

A Sarajevo, con affetto tipicamente slavo, lo avevano soprannominato «Klok», il lampione. Un grande ex calciatore della Roma, nella stagione scorsa, aveva avvertito: ha bisogno di un lavoro speciale. Norman e Lippie, i santoni portati a caro prezzo dal presidente James Pallotta, non ci erano riusciti ma Luciano Spalletti e il suo staff sì. Punto terzo: sia al Wolfsburg che al Manchester City ha usato il primo anno come materia di studio e ha vinto lo scudetto nel secondo. Un diesel. A differenza di Icardi e Higuain, il bosniaco è anche un uomo assist. È sicuramente meno spietato sotto porta, ma gioca molto più per la squadra. I numeri di questo inizio di stagione lo confermano. Secondo i dati ufficiali della Lega calcio, infatti, Dzeko è capocannoniere (10 gol), è il giocatore che ha effettuato più tiri in porta (27), è il quinto nella classifica degli assist (7 palle gol potenziali create, 2 realizzate dai compagni) e si è anche procurato 3 rigori (contro Udinese, Sampdoria e Sassuolo). Prima di Napoli e Sassuolo era andato in gol soltanto all’Olimpico, ma nelle ultime due trasferte ha messo a segno due doppiette. Dzeko ha capito la Roma e la Roma ha capito Dzeko. Spalletti resta parco di complimenti, ma ognuno ha il suo carattere. E Dzeko, negli anni, ha convinto i sarajevesi a cambiargli il soprannome da Klok a Bosanski Dijamant, il diamante bosniaco. E lo ha fatto a suon di gol e assist.

(Corriere della Sera – L. Valdiserri)



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