Andrea Belotti

AS ROMA NEWS SLAVIA PRAGA EUROPA LEAGUE – Niente primo posto, niente qualificazione, niente Roma. Magari fosse stata un’amichevole, come da provocazione di Sarri. Mourinho torna dalla trasferta ceca infuriato e infreddolito da uno spettacolo indecente. E ora, essendo lo scontro diretto perfettamente alla pari con lo Slavia, potrebbero non bastare 6 punti nelle ultime 2 giornate per vincere il girone perché i cechi hanno 3 gol di vantaggio nella differenza reti generale, scrive il Corriere dello Sport.

Il rischio concreto dello spareggio di febbraio è la conseguenza di un black out collettivo e prolungato che ha lasciato la Roma senza elettricità per cento minuti. Può aver inciso il pensiero del derby, più o meno inconscio, che ha consigliato a qualche giocatore (Lukaku per dirne uno) di gestire le energie. Ma la verità è che non c’è stata partita. Il 2-0 allo Slavia sta persino stretto: a tempo scaduto il nuovo entrato Van Buren ha fallito un facilissimo contropiede che avrebbe allargato le proporzioni. 

La Roma invece non è mai stata intraprendente e tantomeno pericolosa. Non ha mai giocato per l’obiettivo dichiarato, che era vincere per chiudere a Praga la questione europea e dedicarsi al campionato. Ha semmai tentato di amministrare le energie a passo lento, accontentandosi di non affondare. Ma gli atteggiamenti rinunciatari in campo internazionale non sono ammessi, anche contro avversari di medio livello.

Eppure Mourinho era stato di parola, cambiando solo tre giocatori più il portiere rispetto alla partita con il Lecce: dentro Celik a destra e Paredes nel mezzo più Belotti al posto di Dybala nella linea di attacco. Anche stavolta lo schieramento era ibrido, con Aouar molto trequartista e poco mezzala e Belotti a girare attorno al perno belga sull’altro lato. Il 3-5-2 cartaceo diventava dunque spesso 3-4-2-1 con Bove pronto a ripiegare sul vertice basso occupato da Paredes.

Sull’altro fronte invece Trpisovsky ha sorpreso Mourinho con l’aggressività e la personalità: marcature ad personam ovunque, pressione alta e un palleggiatore in più (Masopust) arretrato per agevolare l’uscita dalla difesa, il problema decisivo dello Slavia nel match d’andata. Il piano ha funzionato, perché la Roma non riusciva mai a escogitare uno stratagemma per prevalere nei duelli e veniva costantemente respinta sulla trequarti mentre i cechi, che avevano bisogno di vincere, hanno spinto a tutto gas: il primo tempo si è chiuso con 8 tiri tentati dallo Slavia a zero

Mourinho ha annusato l’area fredda di Praga dalla tribuna e ha preferito correggere la squadra subito dopo l’intervallo: dentro Cristante per lo spento Aouar e Karsdorp per El Shaarawy, con Celik indirizzato sulla fascia sinistra. A quel punto il 5-3-2, così esplicitamente portato al contenimento, avrebbe dovuto almeno aumentare il grado di solidità difensiva. Invece è successo il contrario: la Roma si è slegata e ha incassato un gol stupido nel quale Bove buca sul colpo di testa di Masopust che era stato ignorato da Belotti, Svilar sbaglia perché cerca di bloccare un pallone complicato e la coppia Llorente-N’Dicka dorme sul facile duetto tra Chytil e Jurecka a pochi metri dalla porta. Un episodio coerente con il resto. Un disastro tecnico-tattico.

Sotto di un gol, Mourinho ha dimostrato con le sostituzioni di non voler dedicare nemmeno un sospiro al derby: dentro Dybala e Renato Sanches, con il successivo esordio da professionista del giovane e velocissimo esterno brasiliano Joao Costa (2005). Ma gli input non sono arrivati ai giocatori, che hanno fatto tanta confusione negli ultimi trenta metri senza mai impaurire lo Slavia e concesso anche il 2-0 a Masopust, indisturbato nel tiro lento e angolato da fuori area. Giusto così, come è giustificata la furia di Mourinho nello spogliatoio: tanto valeva far giocare i ragazzini.



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