ULTIME NOTIZIE AS ROMA LAZIO OLIMPICO – Si gioca il derby di Roma. Sul campo undici maglie biancocelesti, a sfidare undici giallorosse nel cuore del pomeriggio di fine settembre. E sul cobalto delle curve, per la prima volta dopo (dopo?) la pandemia, ci sono i tifosi. E lo spettacolo di un derby animato dal pubblico dopo oltre un anno e mezzo, a guardarlo e vederlo e sentirlo, è una grande bellezza, scrive Il Messaggero.
Afa soffocante e odori di fritto con venature di sigaretta: la cornice e il quadro si intrecciano e si cedono la scena – mentre il frastuono tocca livelli dimenticati. Dall’alto della tribuna lo stadio pare una stampa puntinista. La Lazio gioca nominalmente in casa e dunque i tifosi sono soprattutto bianchi e celesti: stracolmi i distinti e la curva Nord; invero piena la tribuna Monte Mario; poco meno la Tevere. E la Sud. La Sud, con i suoi distinti, è un trionfo di giallo e rosso: canta e urla la propria canzone e, a tratti, sovrasta il resto dello stadio. Impressionante.
Impossibile il distanziamento sociale – ormai scivolato giusto a poesia che raccontiamo a noi stessi per sentirci tutti più buoni – però lunghissime sono le code ai tornelli per il controllo del Green pass. Tornano così le coreografie e i cori, gli sfottò e le provocazioni agli avversari, e gli insulti, e i fischi – Abraham e Zaniolo sono tra i più tormentati. Si scaldano le squadre e decollano i decibel: “Roma alé, Roma alé“, grida la Sud. E giù fischi dalla Nord.
Si accede la luce dei riflettori a venti minuti dall’avvio e, poco dopo, a brillare sui tabelloni dell’Olimpico è la lista delle formazioni. Tutto consueto, no? Macché. L’allenatore della Roma è tale “Muorihno“. Un certo Muorihno, esatto: con la “h” in posizione sbagliata e, soprattutto, con la radice del nome singolarmente (distrattamente?) adulterata. Ed ecco le coreografie, attese come un tempo.
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