Luciano Spalletti, allenatore della Roma

Le 6 stagioni di proprietà Usa (che vede i conti di nuovo in sensibile rosso) e il rosario di allenatori e dirigenti apicali arrivati e partiti senza mettere niente finora in bacheca, hanno immalinconito una piazza giallorossa ferita dall’ennesimo derby di Coppa Italia scivolato verso la Lazio. Così anche Spalletti, che aveva giurato sulla squadra («la più forte che ho mai allenato») adesso ha perso anche lui quell’appeal di invincibilità che i suoi straordinari risultati in giallorosso gli avevano meritatamente cucito addosso.

Da martedì l’allenatore toscano sembra più lontano. Intendiamoci, Pallotta vorrebbe ancora tenerlo, ma le sue ruvidità caratteriali nei momenti difficili hanno un po’ ridimensionato la sua figura agli occhi dei vertici, anche se nel lavoro sul campo è fra i più bravi che ci siano in circolazione. Carattere a parte, anche gli errori di gestione commessi sul campo hanno sorpreso. Le partite contro Porto, Juventus, Sampdoria, Lione e Lazio, sono state costellate da scelte che non hanno pagato.

In ogni caso, l’argomento allenatore era sul tavolo anche nell’incontro tra il d.g. Baldissoni e Franco Baldini, avvenuto ieri a Londra. In modo diretto e indiretto sono stati già sondati Gasperini, Emery, Mancini e Montella, anche se il sogno sarebbe arrivare a Sarri. Occorrerà poi vendere uno o due pezzi importanti, e i più corteggiati sono Manolas, Rüdiger, Nainggolan e Strootman. Ma la congiuntura storica racconta anche altro. Totti e De Rossi, i due capitani, sono entrambi in scadenza, e non è detto che l’ennesima rivoluzione Usa li consideri ancora parte integrante del progetto calcistico, anche se il secondo ha offerte in Italia e all’estero.

(Gazzetta dello Sport)



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