NOTIZIE AS ROMA VITESSE RUI PATRICIO – Nelle pieghe di una stagione per certi versi contraddittoria, che attraversa una settimana tremendamente cruciale per dare un senso alle ambizioni, la Roma una sensazione confortevole può ben dire di averla riprovata dopo tanto: sentirsi protetta tra le mani (e i piedi) di un portiere, scrive il Corriere dello Sport.
Già, Rui Pedro dos Santos Patricio da Marrazes, semplicemente Rui Patricio, ha restituito questo privilegio ai tifosi giallorossi. Tanto che, seguendo quella goliardia tipicamente romana, solo qui il guardiano della porta della nazionale portoghese poteva essere ribattezzato dopo una sfilza di parate da punti d’oro, San Patricio.
Prodigio della romanità, si diceva. Chi sapeva bene cosa potersi attendere andandogli a proporre l’Italia e la Roma dal Wolverhampton, è José Mourinho, che lo ha voluto subito. E ora se lo gode, perché se la sua difesa talvolta perde certezze, Rui è quasi sempre lì, pronto a metterci una pezza. Qualche volta ha sbagliato anche lui, o rischiato di sbagliare (l’ultima circostanza proprio domenica scorsa a Udine), ma pesa talmente il piatto della bilancia dei miracoli, da non ammettere discussioni su una delle poche certezze (con i gol di Abraham) del laboratorio Roma secondo Mou.
Dopo Pau Lopez, Mirante, Olsen – esperienze costellate di incertezze – sarebbe forse cedere troppo all’enfasi e all’ottimismo rinverdire i tempi (pur troppo brevi) di Alisson. Ma certo Rui il suo lo fa, anche più del suo. O forse fa semplicemente quello che ti aspetti da un portiere: magari la parata secca, fosse pure solo una in novanta minuti, che ti consente di portare via punti guadagnandoli e non perdendoli.
Tenebroso, lusitano vero, leader senza eccessi, il portiere giallorosso è una delle voci di José Mourinho in campo. Ne interpreta e incarna il pensiero e l’ambizione. E oltre il Vitesse, c’è un bel pezzo dell’ambizione rimasta alla Roma in questa stagione: «Abbiamo la possibilità continuare a lottare per vincere un trofeo. Questo deve essere molto importante per noi. Quando giochi in un grande club come il nostro devi ambire a vincere, sempre. E per questo dobbiamo pensare di arrivare più lontano possibile in Conference».
Undici clean sheet in campionato sono già un bel traguardo, quindici stagionali consentono a Rui Patricio di guardare al suo record del 2017-2018 allo Sporting Lisbona (23) con l’ambizione di avvicinare quel traguardo. Batterlo non è impossibile, ma oggettivamente difficile. «A livello personale sto attraversando un buon momento di forma, ma sono dell’idea che mi debba servire solo come stimolo per migliorare».
Il solo gol subito nelle ultime quattro partite va nella direzione di un equilbrio prezioso, da riuscire a mantenere. «Abbiamo lavorato molto sulla fase difensiva. Io dico che il merito è di tutta la squadra e del lavoro collettivo, non solo mio o della difesa. Ma la mia idea è che, anche in questo caso, si debba lavorare per migliorare sempre. L’obiettivo è duplice: essere più pericolosi davanti e prendere meno gol possibili».
Rui tocca un tasto dolente. I gol nella Roma li fanno in due: Abraham (20) e Pellegrini (10), gli unici in doppia cifra. Rispetto alla scorsa stagione mancano, per fare due conti rapidi, 7 gol di Veretout (sono quelli che Tammy ha fatto in più rispetto a Dzeko) e 12 di Mkhytarian (che mancano tutti).
Difesa a 3 o 4? Mou ha alternato le linee, Rui non fa differenze. «Posso giocare in entrambi i modi. Conta di più l’organizzazione di tutte la squadra. Io devo adattarmi e aiutare la squadra. Lo ripeto: conta vincere le partite». E non chiedetegli la parata più difficile o il gol che non avrebbe voluto prendere. Nella risposta c’è tutta la sua filosofia: «Ogni parata ha il suo peso e conta. Ogni gol preso, sono talmente maniacale che lo vedo e lo rivedo per capire dove migliorare».
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