James Pallotta e Mauro Baldissoni

(Il Tempo – A. Austini) Un’altra porta in faccia, sempre la stessa. Ogni anno la trasferta di Torino nello Stadium juventino distrugge le ambizioni della Roma, puntuale come una cambiale. Che sia l’ arbitro Rocchi, l’ allenatore appena cambiato, una magia di Higuain o un errore incredibile di Schick al 94′: modi diversi di sancire il medesimo verdetto, ovvero che la squadra giallorossa non è ancora pronta per vincere e togliere lo scettro ai campioni degli ultimi sei anni. Il doloroso ko del 23 dicembre ha chiuso una settimana che rischia di segnare un’ altra stagione intera. Così, all’ improvviso, tutto insieme, come accadde lo scorso anno nel giro di otto giorni a inizio marzo. Stavolta la Coppa Italia è svanita senza la minima attenuante e in campionato è arrivata la terza sconfitta in altrettanti scontri diretti con le tre squadre che precedono la Roma in classifica. E se, teoricamente, Di Francesco si può sentire davanti all’ Inter di Spalletti in virtù della gara da recuperare a Genova, il distacco preso da Juventus e Napoli fa pensare che il duello per lo scudetto abbia imboccato la strada della corsa a due. Nessuno può pretendere dal tecnico abruzzese- il quattordicesimo passato per Trigoria nelle ultime 14 stagioni – di spezzare il digiuno di trofei al primo colpo, tantomeno se l’ anno di transizione riguarda anche la direzione sportiva, col passaggio da Sabatini a Monchi. Ma la prospettiva di celebrare il prossimo maggio un tristissimo decennale senza lo straccio di una «coppetta» in bacheca ha tormentato il Natale dei romanisti. Tra frustrazio ne, rimpianti e anche un po’ di pericolosa rassegnazione. Tutto è ancora in gioco, per carità, compresa una Champions che fin qui rappresenta il lato positivo della medaglia giallorossa. In campionato c’ è tempo e spazio per rincorrere, eppure – inutile nasconderselo – il colpo preso sullo stomaco a Torino fa male. Soprattutto ripensando al gol divorato da Schick, che avrebbe cambiato il risultato e, forse, il destino del campionato. L’ ex Szczesny ieri ha girato il dito nella piaga: «Ha sbagliato Schick, non ho salvato io la Juve: mi ha tirato addosso». Per dimenticare e ripartire la ricetta è la stessa di sempre: vincere. Ora due delicate gare in case prima della sosta di gennaio, quindi alla ripresa il nuovo test da grandi in casa dell’ Inter per poi affrontare due volte la Samp nel giro di quattro giorni. Di Francesco proverà a cambiare qualche uomo per dare nuovi stimoli, difficile pensare a una rivoluzione tattica perché al suo 4-3-3 non intende derogare. Inutile aspettarsi chissà che anche dal mercato: per migliorare la rosa con innesti significativi Monchi dovrà costruirsi delle risorse che a gennaio non ha. La società resta comunque vigile, consapevole di essere cresciuta costantemente dal cambio di proprietà in poi su tanti aspetti. Tranne uno: la mentalità vincente della squadra, ormai da anni presente sulla soglia di quella porta, con 87 punti fatti nell’ anno solare che col Sassuolo possono diventare 90 in 38 partite. Ma incapace di oltrepassare il limbo.



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