Nel gioco degli scacchi esiste una situazione — lo zugzwang — in cui la miglior mossa possibile sarebbe non muovere. Questo, però, non è permesso dalle regole e così ogni mossa che si sceglie peggiora la situazione di partenza. È quello che sta succedendo alla Roma, con le nuove puntate della telenovela Totti-Pallotta. Prima il presidente, che attraverso radio Sirius XM, nella trasmissione dell’amico Charlie Stillitano, ha offerto a Totti il futuro che detesta: «Potrebbe essere un ottimo ambasciatore dei nostri brand e fare un sacco di soldi con i suoi sponsor, in giro per il mondo». Un ruolo di rappresentanza. Poi il campione, che ha giocato l’ultima partita con la maglia della Roma il 28 maggio, in un rito collettivo che ha coinvolto uno stadio e una città, e adesso ha dichiarato al settimanale Chi, in cui fa di nuovo balenare il fantasma di continuare la carriera altrove: «Intanto mi godo un po’ di relax con Ilary, poi vedremo. Non è detto che abbia finito di giocare definitivamente».
Sulla scacchiera ci sono: 1) un contratto da dirigente, lungo sei anni, da 600.000 euro a stagione, che ai tempi della proprietà Sensi fu la «spalmatura» del contratto di Totti giocatore per venire incontro alla società; 2) gli equilibri di un club affollato che ha un presidente lontanissimo (Pallotta), un consigliere lontano ma influente (Baldini), un a.d. (Gandini), un d.g. (Baldissoni) e un d.s. (Monchi). In questo senso la candidatura di Totti a «vicepresidente operativo», fatta da Spalletti quando si era già promesso all’Inter, è da leggere più come un ultimo veleno che come una mano tesa a tempo scaduto. Nessuno vuole fare la prima mossa. Totti sa che andare via da Roma rovinerebbe la splendida immagine che ha lasciato nel suo addio: quella di un uomo talmente innamorato da accettare anche il sacrificio più duro, che per lui è smettere di giocare. In questo senso vanno lette le parole del presidente del Coni, Giovanni Malagò, che di Totti è grande amico: «Credo che se Francesco aveva una mezza idea di andare avanti, quello che è successo dopo Roma-Genoa gli ha fatto mettere tutto dentro al cassetto. È stata una cosa talmente emozionante che è andata oltre il calcio». Un consiglio dato con il cuore.
Pallotta non ha mai dimostrato nei fatti di avere empatia con Totti, sul quale aveva sentenziato che «le gambe non fanno più quello che diceva il cervello», per poi ricredersi davanti ai gol del campionato scorso e prolungare di un anno il contratto da calciatore del numero 10. Una mossa che ha creato il solco con Spalletti, che poi è diventato una voragine. Pallotta non vede Totti in un ruolo operativo, ma ha la forza di mandarlo via dalla Roma? Di fare come Spalletti, che lo cacciò da Trigoria prima di Roma-Palermo del 21 febbraio 2016, per l’intervista rilasciata alla Rai, in cui chiedeva chiarezza e rispetto? I dirigenti giallorossi sono rientrati ieri da Boston, dopo il summit con Pallotta. Un incontro con Totti è necessario. Toccherà a Monchi rinnovare la proposta al Capitano di lavorare con lui. Il Real ha costruito parte della sua fortuna con il rapporto tra il presidente Perez e Zidane, rimasto a lungo nella Casa Blanca a cercare la sua strada e poi diventato l’allenatore delle due Champions consecutive. La Roma vuole cercare una via simile con Totti oppure no? E Totti vuole vivere davvero per sempre dentro la Roma o pensa che si possa prendere un break? La risposta alla prossima mossa, se qualcuno avrà la forza di farla.
(Corriere della Sera – L. Valdiserri)
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