Lotito e Pallotta, per origini, studi, carriere, portamenti non potrebbero essere più diversi. In realtà, Roma e Boston, l’Appia antica e il North End non sono mai stati così vicini. Il Lotito che recita Alberto Sordi alla buvette del Senato straparlando di Bielsa, o quello che rivolge battutacce sessiste alle croniste, non è poi così distante dal Pallotta che dialoga via sms con i giornalisti, non lesinando parolacce. Entrambi, poi, si sono convinti che a Roma bisogna parlare alla pancia, più che alla testa, dei tifosi. Ecco perché ogni giorno la radio ufficiale di Trigoria mette all’indice uno o più giornalisti, «nemici della Roma!». A proposito, anche su questo fronte ultimamente non arrivano buone notizie: domande vietate a Formello, accrediti ritirati a Pinzolo, pure sulla stampa i due devono avere idee simili.
Dunque, gli opposti si attraggono e finiscono per essere un po’ autoreferenziali. E quindi per un Lotito che deve sempre infilarci la Roma («Sabatini è amico di Bielsa, lo ha chiamato per non farlo venire, ma la Roma ha poco da ridere, non ha né i soldi né la società»), c’è un Pallotta che si abbassa sempre a rispondergli, anche quando le frecciatine arrivano da ricostruzioni della stampa: «Lui è una barzelletta, mi fa ridere, ma mi dispiace per i tifosi della Lazio, si meritano di meglio». E ora i romanisti lo applaudono, sui social è un trionfo, tutti a sbellicarsi, grande Jim, gli hai risposto per le rime, well done. E tanti saluti, però, alla Roma americana che doveva conquistare il mondo o almeno uscire dal Grande Raccordo.
(Gazzetta dello Sport)
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