Occhi negli occhi, lucidi. Finisce così la storia più bella del nostro calcio. Con le lacrime di bambini, madri di famiglia, anziani. Con Francesco Totti che non riesce a lasciare il campo, che osserva ogni faccia di quei 70 mila. L’aria di festa respirata nelle prime ore del pomeriggio e squarciata da quell’urlo «Totti» alle 17,49 si è tramutata in un’aria pesante, in sospiri e rimpianti per una fine che poteva essere scritta con maggiore dolcezza. Con i fischi sonori dell’Olimpico per Pallotta e Spalletti. Tra i pochi a non commuoversi. La Sud ha sfoderato la coreografia più bella: «Totti è la Roma». A completarla i colori di una vita. Il capitano si è preso così il primo abbraccio, poi a 36′ dalla fine è entrato in campo a fare quello che ancora gli riesce meglio: aiutare la Roma a rimontare tre volte il Genoa con i gol di Dzeko (capocannoniere), De Rossi e Perotti e prendersi l’ennesimo secondo posto con record di punti.
A fine partita era difficile rimontare le emozioni: il giro di campo, le foto di una carriera magnifica, una enorme maglia numero dieci sul prato, le lacrime dei compagni. Totti, il più forte giocatore della storia giallorossa, piange al fianco di Ilary, Isabel, Chanel e Cristian. Lo hanno sorretto loro in questi giorni così duri da non sembrare veri, così aridi da spezzare il cuore. Poi Francesco prende il microfono: «Speravo non arrivasse mai. In questi giorni ho pianto sempre. sempre, da solo, come un matto. Io resterei altri 25 anni qui. Il mio giocattolo preferito era il pallone, ma ad un certo punto della vita si diventa grandi. Avete presente quando vostra madre vi sveglia durante un sogno e voi cercate di riprendere il filo? Stavolta non era un sogno. Voglio dedicare questa lettera a tutti voi, ai bambini che sono cresciuti con me gridando Totti-gol. Questo è il pezzo più brutto: ora è finita davvero. Mi levo la maglia per l’ultima volta, anche se forse non sono ancora pronto e non lo sarò mai. Questa volta non è come stare in area di rigore, questa volta ho paura. Sono io che ho bisogno di voi e del vostro calore. Smetterò di emozionarvi con i piedi, ma il mio cuore sarà sempre con voi. Sono orgoglioso di avervi dato 25 anni di amore. Vi amo».
Poi si toglie la fascia da capitano e la mette al braccio di Almaviva, capitano dei 2006. Lo guarda, lo bacia sulla fronte. Per ora la fascia andrà a De Rossi, l’amico di una vita. Il futuro, probabilmente, da dirigente al fianco di Di Francesco. «Penso sia sia convinto. Per me dovrebbe fare il vicepresidente. Oggi ci ha aiutato, forse gli ho creato qualche limite», dice Spalletti. Infine il pragmatico Pallotta: «Se non mi fanno fare lo stadio entro il 2020, la Roma avrà un altro presidente. Non ho nessun rimpianto con Totti».
(Leggo – F. Balzani)
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