«Quella sulle cubature mi sembra una trattativa penosa, da venditori di tappeti: taglio un po’ di metri cubi di qua, un po’ di là. Ma la sostanza non cambia», dice Enzo Scandurra, docente universitario ed ex direttore del dipartimento Urbanistica della Sapienza. Insieme ad altri 30 urbanisti ieri ha firmato un appello contro lo stadio a Tor di Valle.
Perché siete contrari, professore?
«Non siamo ideologicamente contrari all’idea di uno stadio per la Roma, anzi tutt’altro. Ma è questa operazione immobiliare ad essere discutibile. Lo stadio andrebbe realizzato da un’altra parte e senza tutte quelle cubature che con lo sport non c’entrano niente. Anche i Cinquestelle, mi pare, erano sempre stati contrari. Evidentemente una volta dentro al Palazzo hanno cambiato idea. Ma politicamente e tecnicamente mi sembra un delirio».
L’accordo con i privati punta su alcune “certificazioni ecologiche” e su un taglio minimo de imetri cubi, tra il 20 e il 25%. Le sembra sufficiente?
«No, mi sembra che cambi davvero poco, perché qui stiamo parlando di un progetto di un milione di metri cubi, in gran parte per uffici e negozi, opere private che con lo stadio non hanno nulla a che vedere».
Le infrastrutture alla fine non dovrebbero essere tagliate. È un compromesso accettabile? Si può parlare di «interesse pubblico»?
«La verità? Questo progetto mi sembra subordinato all’interesse degli imprenditori che fanno un’operazione immobiliare censurabile. L’interpretazione del “pubblico interesse”, abbiamo scritto nell’appello, di fatto vede il “pubblico” affidato agli “interessi” finanziari dei privati e del costruttore, pronti a mettere in campo tutte le relazioni di cui dispongono per assicurarsi la legittimazione “pubblica” dei loro profitti. Ma tutta la logica dell’operazione è sbagliata».
In che senso?
«Dovrebbe essere il Comune a decidere dove costruire un’opera così delicata. Invece qui è avvenuto il contrario. Sono i privati a fare le proposte, da una posizione forte. E il Comune è sempre in ritardo. Poi una cosa va detta: in una città che sta andando in malora, si discute soltanto di uno stadio. È tutto sballato».
(Il Messaggero – L. De Cicco)
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