(Gazzetta dello Sport – D. Stoppini) Del proverbio del vino che invecchiando migliora s’è scritto già abbastanza. Magari una volta di più val la pena spenderla, la metafora, associandola a quel mancino di Belgrado che per la Roma tutto è tranne che sinistro. È una benedizione divina, ortodossa magari rispettando la sua fede. Sull’affidabilità fisica del terzino ex Manchester City la Roma aveva avuto più d’una rassicurazione, la scorsa estate al momento dell’acquisto, anche da suoi ex allenatori. Ma neppure a Trigoria, neppure forse lo stesso Kolarov potevano immaginare che questa stagione avrebbe segnato un confine: mai in carriera Aleksandar aveva giocato così tanto come in questa edizione numerata 2017-18.
NUMERI Mai, neppure quando l’Europa ancora doveva imparare a conoscere il suo sinistro e lui cantava freschezza con la sua carta d’identità. Qui siamo ad anni 32 (e mezzo) e il nostro ha già giocato per 3.601 minuti tra campionato e Champions League. Non era mai successo, neanche lo scorso anno, l’ultimo al Manchester City, quando Guardiola – accorciandogli spesso il campo da coprire come terzo centrale difensivo e non come esterno di fascia – lo spinse in formazione per 3.480 minuti. E nel 2009-10, l’ultima stagione giocata con la Lazio, il serbo s’era fermato a quota 3.559. Ecco: la partita di due giorni fa con il Genoa è servita a firmare il sorpasso virtuale, oltre che a confermare la sua centralità nel gioco di Di Francesco. L’occhio a dettare il passaggio a Cengiz Under e il successivo sesto assist del suo campionato – nessun difensore ha fatto altrettanto in Serie A – sono la conferma di un giocatore che, insieme a Dzeko, è il vero regista della squadra. Il primo da sinistra, il secondo che fa «solo» il centravanti col 9 sulle spalle giusto per gli osservatori poco attenti.
RIPOSO? Occhio, però, perché forse è bene non tirare troppo la corda. La Roma che si prepara alla Spal è anche quella che non può non avere pensieri per quel capitolo di storia chiamato Liverpool. Ed è questo il motivo per cui Di Francesco sta immaginando una squadra che riesca a fare a meno sia di Kolarov che di Dzeko, per domani. Sarebbe un inedito: non s’è vista mai, in campionato, una Roma che abbia rinunciato contemporaneamente sia al serbo che al bosniaco. Forse troppo, ma così ragiona l’allenatore. La decisione sarà presa solo oggi dopo la rifinitura, possibile che in extremis a uno dei due venga chiesto un supplemento di lavoro. Ma nella testa di Eusebio c’è la necessità di lavorare sul doppio fronte, per evitare che non riaccada quanto già successo a cavallo delle due sfide con il Barcellona, con un solo punto conquistato tra Bologna e Fiorentina. Domani a Ferrara tornerà il centrocampo titolare. E in ottica turnover Di Francesco non può non sorridere pensando al recupero di Perotti, che sarà tra i convocati. Spal e Liverpool, questione d’equilibrio: dura ballare tra due poli opposti, che in comune hanno giusto la lettera finale. Kolarov però sa come gestirsi, lui che una semifinale di Champions – 2015-16 – con il City l’ha già raggiunta. Però non giocò neppure un minuto, contro il Real Madrid. Ora gli ricapita l’occasione, da protagonista: «Se posso le gioco tutte», dice lui. Magari lo ripete oggi a Di Francesco e gli fa cambiare idea sul concetto di riposo
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