Il vento dell’Est che spira sull’Europa è di quelli che immalinconiscono. Il conflitto fra Russia e Ucraina, infatti, ha fatto tornare la guerra sul tavolo del confronto fra gli stati, spiazzando l’opinione pubblica mondiale. Probabilmente, uno dei pochi a non essere rimasto sorpreso del fatto che il conflitto armato possa ancora contrapporre due popoli, è proprio Henrikh Mkhitaryan che, da simbolo dell’Armenia, da anni si batte perché cessi il rumore delle armi tra il suo Paese e l’Azerbaigian, che dal 1992 – con interruzioni e riprese – battono per la zona del Nagorno Karabakh, scrive La Gazzetta dello Sport.

Inutile dire che il calcio sembra piccola cosa davanti a problemi del genere, ma di sicuro pochi in Armenia possono essere stati migliori ambasciatori di pace rispetto al centrocampista della Roma, anche se proprio la scorsa settimana ha deciso di lasciare definitivamente la sua nazionale, a 33 anni, dopo 95 presenze e 32 reti, che lo hanno consacrato come il miglior marcatore del suo Paese.

D’altronde, i nuovi impegni giallorossi lo stanno mettendo alla ribalta sempre di più, anche perché Micki ha concorso e ha vinto il posto come regista della squadra. Un ruolo che è rimasto sempre scoperto dall’inizio della stagione e in cui José Mourinho ha provato tante soluzioni diverse. In momenti differenti ci hanno provato Cristante e Pellegrini, poi è stata tentata la carta Veretout, fino ad arrivare a gennaio, quando sembrava che l’adattamento di Oliveira fosse la soluzione giusta. Niente da fare.

Il portoghese – come il francese – è entrato in un cono d’ombra (complici anche le non perfette condizioni fisiche) e così la gestione del pallone è stato affidato all’inossidabile Mkhitaryan, che a Reggio Emilia – terminata la partita contro il Sassuolo conclusa sul 2-2 in rimonta – ha avuto l’investitura ufficiale da parte dello Special One. «Neppure lui è un regista di ruolo, ma è quello che meglio si adatta alla gestione della palla». Insomma, quasi una promozione sul campo per un attaccante che nella scorsa stagione aveva chiuso con 15 gol e 13 assist all’attivo. Numeri “monstre”, che gli sono valsi il prolungamento di contratto annuale a cifre assai importanti.

Nessuna sorpresa che un rendimento del genere mettano fra parentesi qualsiasi discorso relativo all’età. Così le statistiche rivelano come Mkhitaryan sia entrato in una speciale graduatoria di nobiltà europea. Infatti, l’armeno – che contro l’Atalanta ha tagliato il traguardo delle 250 partite nei massimi campionati europei (nel suo caso Germania, Inghilterra e Italia) – dal 2013-14 è fra i quattro centrocampisti che hanno segnato almeno 60 gol e fornito 60 assist.

La compagnia è di altissimo livello, visto che al suo fianco ci sono soltanto Payet (Marsiglia), De Bruyne (Manchester City) e Di Maria (e Psg). Con queste premesse si capisce che gente come Oliveira e Veretout debbano tornare a livelli di rendimento elevati per sperare di riprendersi quei posti da titolare che nelle ultime giornate per loro sono evaporati.

Invece, per il giocatore armeno, la prossima frontiera appare molto chiara: un nuovo contratto con la Roma. Certo, si dovrà trovare un punto d’incontro, ma anche se di sicuro la prossima estate il general manager Tiago Pinto dovrà necessariamente acquistare un regista di ruolo per soddisfare Mourinho, difficilmente sarà possibile trovare sul mercato un giocatore così duttile come l’armeno, in grado di giocare (e bene) da trequartista, attaccante puro (con Fonseca ha fatto anche il centravanti) e adesso anche regista.

Per questo la sensazione è che la storia d’amore con i colori giallorossi, adesso poi che gli impegni con la nazionale armena sono terminati, possa diventare ancora più solida. Anche perché allo Special One piacciono i vincenti e Mkhitaryan, dall’alto dei 19 titoli messi in bacheca durante la carriera, lo è senz’altro.



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