Dopo il parere contrario del Comune di Roma spedito due giorni fa alla Regione per il progetto del nuovo stadio a Tor di Valle, è scattato il countdown che porta alla seduta finale della conferenza dei servizi: il 3 marzo si dovrà decidere se bocciare o approvare l’operazione immobiliare sognata da James Pallotta e dal costruttore Luca Parnasi. E il fattore tempo, a questo punto, diventa decisivo. Il Campidoglio, il 31 gennaio, ha già strappato una proroga di 30 giorni della conferenza e la legge non consente altri rinvii.
Agli atti poi vanno consegnati i progetti definitivi di tutte le modifiche – non basta un semplice studio di fattibilità. Ecco perché, nonostante l’ottimismo che trapelava giovedì da ambienti vicini a Pallotta, oggi la strada per far sopravvivere il progetto Tor di Valle sembra strettissima. A confermarlo c’è anche l’Ordine degli ingegneri di Roma. «Le problematiche evidenziate dal Comune di Roma sono rilevanti e da approfondire», sottolinea la presidente dell’ordine, Carla Cappiello. «Si tratta di aspetti tecnicamente affrontabili – aggiunge – Nell’arco di trenta giorni si potrebbero presentare proposte adeguate, soprattutto in tema di trasporti e viabilità. Ma un tempo molto più lungo, trovata la soluzione, sarebbe poi da dedicare alla progettazione, che non potrebbe esaurirsi da qui alla Conferenza dei Servizi del 3 marzo».
Ammesso che i progettisti ingaggiati dai privati riescano a colmare tutte le lacune indicate da Comune e Città metropolitana, secondo gli esperti dell’Ordine degli ingegneri sarebbe impossibile riuscire a consegnare in tempo gli elaborati definitivi, che pretendono un livello di dettagli estremamente sviluppato. E le modifiche da apportare sono tante.
C’è una sequela di «carenze funzionali» individuata nel piano trasporti, considerato «non adeguato» dal dipartimento Mobilità, a partire dal capolinea della Roma-Lido che è troppo piccolo. Poi c’è il pericolo di inondazioni considerato che l’area di Tor di Valle è stata classificata al massimo rischio idrogeologico, tanto che lo stesso Campidoglio ha imposto ai privati di «ridefinirla» se vogliono sperare che la procedura vada avanti. Resta poi il tema delle cubature spropositate, che superano di due terzi i limiti del Piano regolatore e che verrebbero destinate per l’86% a opere che con lo sport non c’entrano nulla: alberghi, uffici, negozi e ristoranti. Proprio attorno alle cubature record ruota la discussione i tra i Cinquestelle romani.
(Il Messaggero)
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