Monchi

(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini/D. Stoppini) Trigoria: interno giorno. Il film in cartellone non sem­bra di cassetta – la presen­tazione di Jonathan Silva – ma la controprogrammazione è ot­tima. Entrato anche lui nella bu­fera per un mercato non esal­tante, la cui conseguenza (al momento) è un quinto posto in classifica, Ramon Rodriguez Verdejo – al secolo calcistico Monchi – ci mette la faccia, spie­gando comunque come il pro­ getto vada avanti.

FARE MEGLIO – «Abbiamo fatto il mercato di cui la società aveva bisogno – spiega –. Sicuramente si poteva far meglio, ma era la li­nea che dovevamo avere. Certo, sono convinto che devo miglio­rare. Nessuno può essere con­tento del 5° posto. Non dobbia­mo cercare colpevoli, ma trovare soluzioni. Il primo responsabile sono io, che ho costruito la ro­sa». Sembra lontano l’entusia­smo del giorno della presenta­zione, quando Monchi diceva: «Qui non c’è scritto “si vende”, c’è scritto “si vince”». «È vero – ammette – ma un d.s. talvolta deve dire qualcosa per protegge­re la società. Credo comunque che guardare indietro non mi aiuti. Devo lavorare per costrui­re una Roma più vicina a quello che i tifosi vogliono. Oggi siamo distanti, è il momento di stare zitti e lavorare di più. È il mo­mento di mettere sul tavolo quello che abbiamo dentro e di capire che i tifosi sono arrabbia­ti. Questa società oggi ha un li­vello strutturale molto impor­tante; dobbiamo esserlo anche a livello sportivo. Non cerco alibi e mi assumo le responsabilità, ma il lavoro di un d.s. non è solo il lavoro del presente. Sarebbe più facile pensare solo a me, ma per un direttore per prima cosa c’è la Roma, per seconda c’è la Roma e dopo se stessi. Ogni stagione si impara. Io 6­7 anni fa ho impara­to che quando uno fa un acqui­sto, e questo acquisto non va be­ne, la cosa migliore è fermarsi. Così ho fatto con Moreno, al quale sarebbe stato più facile di­re “continua’. Ma credo non sia andato bene, dobbiamo riconoscerlo».

ALLA UEFA – Come si capisce, Silva – che non sa quan­do potrà essere disponibile (for­se a metà mese) – fa da compar­sa. Da terzino sinistro, spera di dare un contributo e di poter restare. «Sono impressionato dalla Roma», dice timido. A fare gola, ai cronisti, però, è l’incontro in­ formale con i massimi dirigenti del club che, al netto di qualche curiosità (il 29 gennaio è stata respinta un’ottima offerta per El Shaarawy), è ruotata anche in­ torno alle ragioni di bilancio. In sintesi: la Roma, al momento, costa più di quanto ricava. E allo­ra: o si abbattono i costi di ge­stione (che per l’80% riguardano gli ingaggi) e si limita la compe­titività, oppure si tengono alti, recuperando il dislivello attra­verso le plusvalenze ottenute con le cessioni, che per quasi tut­ti i club (escluse le eccellenze) è la prima forma di finanziamen­to. Quindi la Roma continuerà su questa strada, tenendo conto che entro il 15 febbraio è attesa a Nyon per discutere lo sforamen­to del «financial fair play». Ma vi­sto il percorso vir­tuoso intrapreso – e l’operazione Emerson lo con­ferma – si spera solo in una lieve sanzione. Poi, te­nendo conto che Pallotta, anche volendo, non po­trebbe iniettare denaro fresco, anche l’arrivo di un «main sponsor» (a breve) sarà importante.

SORPRESO – A Monchi, però, giu­stamente importa della squa­dra. «I calciatori che abbiamo preso cominceranno a giustificare i loro acquisti. Per me que­sta squadra ha tanta qualità, ec­co perché sono sorpreso dal ren­dimento attuale». E l’allenato­re? «Non è un tema». Come dire: si va avanti con lui. Il sottotitolo è per i giocatori: svegliatevi.



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