(Corriere della Sera – L. Valdiserri) La frase da cui ripartire: «Sarebbe più facile pensare a me stesso, ma per il direttore sportivo della Roma per prima cosa c’è la Roma, per seconda cosa c’è la Roma e molto dopo, forse, c’è il d.s.». La frase che spiega, se non tutto, molto: «A livello di acquisti e uscite penso sia stato un mercato di gennaio normale. Quello di cui la società aveva bisogno. Sicuramente si poteva far meglio, ma era la linea che dovevamo tenere». E la frase che i tifosi, delusi, volevano sentire: «Nessuno può essere contento del quinto posto: non dobbiamo trovare colpevoli ma soluzioni. Il primo responsabile sono io, non bisogna cercare altrove. È vero che tutti possiamo migliorare, anche i calciatori, il tecnico e, evidentemente, il direttore sportivo. È il momento di parlare meno e lavorare di più».
Il mercato di riparazione, quello che tanti problemi ha creato alla Roma, è finalmente finito. Monchi approfitta della presentazione di Jonathan Silva, arrivo last minute e low cost, per fare il punto della situazione tra il retroscena dell’offerta per El Shaarawyrifiutata negli ultimi giorni e la constatazione che il ruolo del d.s. alla Roma, come avveniva già con Walter Sabatini, è sempre legato alle plusvalenze. Almeno fino a quando – con lo stadio – i ricavi non cresceranno di parecchio. Per ora si vive soprattutto di partecipazione alla Champions League, della scoperta di talenti e di compravendita. Gli ricordano lo slogan «qui non si vende, si vince» e l’andaluso confessa: «Un direttore sportivo, qualche volta, deve proteggere la società e quella frase è stata proprio questo: una forma di protezione. Guardare indietro, però, non mi aiuta. Devo guardare in avanti. La Roma ha una struttura molto importante a livello societario e anche a livello sportivo dobbiamo avvicinarci a quel livello. Non importa quello che pensavo in passato, l’importante per me sono il presente e il futuro».
Rivendica il suo metodo di lavoro: «Si dice che Monchi è uno che vende e compra tanto. Sono arrivato da 9 mesi e sono convinto di due cose: conosco meglio la società, quindi sarà più facile lavorare in futuro, e sono un miglior professionista rispetto a quando sono arrivato. Il lavoro di un direttore sportivo non è solo il lavoro del presente. Ogni giorno, ogni anno, ogni stagione, si impara. Io ho capito, anni fa, che quando un acquisto non funziona, la cosa migliore è non intestardirsi. Così ho comprato Moreno come primo giocatore alla Roma e l’ho rivenduto per il bene del club e del giocatore. Vedo la rosa di questa squadra e penso che sia forte. A volte ci vuole pazienza perché un giocatore nuovo renda al massimo. Sono convinto che i calciatori che abbiamo preso, più prima che poi, cominceranno a giustificare i loro acquisti. L’allenatore? Non è un tema. Non ho niente di cui parlare, se non aiutarlo giorno per giorno in quello che posso». Solo in fondo, una piccola innocente bugia: «La Roma ha già ricevuto offerte per Alisson? No, nessuna offerta. Lasciatemi più o meno una settimana di pausa prima di cominciare a parlare del prossimo mercato. Parliamo un po’ di gioco, di risultati, di tattica e tecnica, così sicuramente sarà meglio per tutti». Aiutati che Dio ti aiuta. A partire da dopodomani a Verona. Sperando di recuperare Schick, che migliora, il prima possibile.
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