Josè Mourinho

AS ROMA NEWS EUROPA LEAGUE MOURINHO – Per un po’ il vero invincibile si è sentito lui, altro che Siviglia. Perché quella di ieri poteva essere la sesta coppa europea su sei finali disputate, uno strike senza precedenti. José Mourinho ci era arrivato davvero ad un soffio, sentiva il vento dalla sua parte, il fatto di non sbagliare mai un colpo nei momenti decisivi, scrive La Gazzetta dello Sport.

E ieri aveva trovato il modo di ribadirlo, ancora una volta. Portando la Roma quasi in paradiso, provando a regalarle la seconda coppia consecutiva. A Tirana fu Conference, a Budapest stava per arrivare l’Europa League. E alla fine la gioia poteva essere chiaramente immensa, mista a qualche lacrima tipica di quando porti a casa un successo che sembrava un’impresa. Del resto, Mou l’ha sempre considerata tale, paragonando la possibile doppietta giallorossa a quella del suo Porto, che all’alba degli anni Duemila vinse prima l’Europa League e poi la Champions. Due coppe consecutive, proprio come sognava di poter fare anche a Roma.

Alla fine Mou però, è orgoglioso lo stesso, seppur deluso dall’esito della finale. «Abbiamo finito stanchi morti, ma orgogliosi di quanto fatto – dice lui –. In questi casi o si esce con la coppa o si muore. Si può perdere una partita, ma mai la professionalità e la dignità. Ho vinto cinque finali e ho perso questa, ma abbiamo dato tutto. E non sono mai andato a casa più orgoglioso di questa volta. Felice sì, ma così orgoglioso mai».

Già, ma poi quello che la gente vuole sapere è se resterà ancora a Roma o no. «Da lunedì sarò in vacanza, se la società avrà tempo di parlare prima ne parleremo. Penso sia anche arrivato il momento di farlo. Ho un altro anno di contratto e zero contatti con altri club. Voglio anche rimanere, ma io e i miei giocatori meritiamo di più. E voglio lottare per il di più, sono un po’ stanco di essere allenatore, uomo di comunicazione, la faccia che dice “ci hanno rubato”. Sono un po’ stanco di essere tanto per questo club. Voglio restare, ma con condizioni per avere di più».

Poi, ovviamente, a Mourinho non è piaciuto l’arbitraggio di Taylor. Per le scelte grandi, ma anche per quelle piccole, come ha detto lui alla fine. «E’ stata una partita con un alto livello di competitività e intensità, contro una squadra che ha più talento di noi, più soluzioni, ma che ci assomiglia anche. Ma devo difendere i miei ragazzi: siamo abituati a questo, ma in una finale europea avere un arbitraggio così è veramente dura, sembrava spagnolo. Sono tante le situazioni dubbie. Ma non voglio neanche parlare delle cose grandi, ma di quelle piccole: Pellegrini è stato ammonito per simulazione, Ocampos ha fatto uno scandalo dentro l’area ingannando Taylor sul rigore, che poi si è vergognato al Var ma senza dare il giallo. Lamela, che poi ha segnato anche uno dei rigori, doveva essere espulso. E dopo al Var hanno avuto paura che potesse succedere qualcosa e hanno deciso di farla finire così. I rigori si sbagliano, complimenti al Siviglia, ma anche ai miei».

Ieri Mou ha praticamente giocato una partita nella partita, cercando di pilotare in ogni frangente la Roma dalla sua area tecnica. Non si è seduto quasi mai, ha litigato spesso anche con i componenti della sua panchina (in particolare con il team manager Cardini e il match analyst Cerra, poi ammonito insieme al vice Foti) per cercare di tenerli il più calmi possibile. E poi ha parlato a lungo con il quarto uomo, l’inglese Oliver, soprattutto quando Taylor ha iniziato a disseminare cartellini ai giallorossi, senza mai dare invece una sanzione agli spagnoli. E a prendere tutte quelle decisioni a dir poco strane. «Le lacrime di Dybala? Siamo tutti attaccati alla maglia, lavoriamo tanto e reagiamo in modo diverso. Io non piango per le sconfitte, Paulo sì. Era tristissimo».

E sul futuro di José Mourinho ieri ha parlato anche Tiago Pinto, prima della partita. «C’è ancora molto da fare per questo club – ha detto il general manager giallorosso –. Sappiamo che il calcio a volte presenta delle sorprese e che non si può mai garantire al 100% quello che succederà in futuro. Ma da parte mia l’intenzione è di proseguire a lavorare insieme a José». Poi Pinto ha parlato anche del suo di futuro. Così: «Il giorno in cui andrò via da Roma si potrà dire che sono scarso o che ho sbagliato, ma non che non abbia capito la piazza. Per me è e sarà sempre un onore rappresentare i tifosi giallorossi e aver fatto parte della storia della Roma».



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