Josè Mourinho

AS ROMA NEWS – Il denaro, si sa, può essere un’arma a doppio taglio. Difficile produrne, agevole – se sei una società di calcio – averlo in prestito, complicato non farlo svalutare. Nei giorni in cui la Uefa comunica la lista delle società che hanno più debiti con le banche è logico che poi anche una sfida come quella fra Lecce e Roma di oggi diventi una sorta di ordalia per il futuro, soprattutto se per il giallorossi l’obiettivo è la Champions League ed il suo relativo tesoro, scrive La Gazzetta dello Sport.

Ma ormai tutte le società – escluse quelle dell’empireo europeo – si alimentano anche attraverso il cosiddetto “trading”, cioè la valorizzazione e la cessione dei giocatori. In questo senso, può essere più agevole farlo quando ha dei talenti da sgrezzare, ma c’è il rischio che diventi più complicato se ci sono giocatori “fatti”, a cui dare l’imprinting giusto.

Pensando al mondo giallorosso, c’è da dire che José Mourinho è stato senz’altro abile con baby come Zalewski, Bove e se vogliamo Tahirovic, mentre ha avuto più difficoltà con altri il cui valore, proprio grazie a lui, avrebbe dovuto lievitare. Il caso più eclatante è quello legato a Nicolò Zaniolo, ma anche Rick Karsdorp, Marash Kumbulla, per non parlare di Matias Vina ed Eldor Shomurodov – andati via in prestito con diritto (non obbligo) di riscatto – che hanno avuto una parabola discendente nella valutazione.

Negli ultimi giorni proprio la vicenda Zaniolo ha cannibalizzato l’attenzione dei tifosi giallorossi, perciò è saltata agli occhi la forbice tra il valore passato e la cifra di cessione, complice un contratto mai rinnovato. Se nell’inverno del 2019 l’allora dirigente juventino Paratici nel suo pizzino la valutava 40 milioni, solo la scorsa estate la Roma per l’attaccante ne chiedeva 60 magari trattabili, ma ben lontani dai 16 milioni più bonus a cui è stato ceduto al Galatasaray.

Come è stato scritto, tranne forse i turchi, alla fine ci hanno perso tutti, squadra giallorossa compresa, che ha in rosa un giocatore in meno per il campionato e la Coppa, dove non può neppure adoperare Solbakken. Così oggi Nicolò, che rientra in Italia per i giorni liberi concessi dal suo club, diventa il paradigma dei tanti non valorizzati. Discorso diverso per Rick Karsdorp. L’olandese – fuori ormai dai primi di novembre – era un titolare fisso della squadra, ma la lite di Reggio Emilia alla fine del match contro il Sassuolo, resa pubblica, ha reso impossibile venderlo a gennaio alle cifre volute, depauperandone il valore.

Certo, adesso il ragazzo sta per tornare in gruppo, ma è ovvio che dovrà scalare gerarchie per recuperare vetrina. Un po’ come Marash Kumbulla, che ai tempi del Verona era inserito fra i “classe 2000” più promettenti d’Europa e adesso è un panchinaro fisso a rischio di errore, come contro la Cremonese in Coppa Italia. A volte, forse, è anche questione di alchimia. Eldor Shomurodov, ad esempio, grazie alle sue qualità in campo aperto, sembrava perfetto per il gioco dello Special One, invece è finito presto ai margini e adesso deve rivalutarsi in prestito allo Spezia.

Singolare anche la parabola di Viña, che da possibile terzino titolare sulla fascia sinistra è stato scavalcato non solo dall’azzurro Spinazzola, ma anche dall’adattato baby Zalewski, per non parlare di El Shaarawy. Il tutto, nonostante l’uruguaiano – panchinaro nella Roma – si sia guadagnato un posto per il Mondiale e abbia avuto la fiducia del Bournemouth, sia pure in prestito con diritto di riscatto (non obbligo) a quindici milioni.

Per ciò che concerne diversi altri, se il valore è stato intaccato poco o nulla visto il prezzo di acquisto, è il valore tecnico in discesa. Zeki Celik è stato scavalcato nelle gerarchie di fascia destra anche dall’adattato Zalewski, mentre sorprende l’involuzione di alcuni giocatori presi a parametro zero. Parliamo di Andrea Belotti, che è l’ombra dell’attaccante leader del Torino, oppure Ola Solbakken, strappato alla concorrenza del Napoli, che per ora sembra totalmente un pesce fuor d’acqua nel nostro campionato, come ha certificato lo stesso Mourinho.

Discorso ambivalente per la difesa. Se Ibanez è senz’altro cresciuto grazie alla “cura portoghese”, c’è Gianluca Mancini che pare andare spesso fuori giri per il sovraccarico di tensione che José propone ai suoi, rendendolo così protagonista di atteggiamenti in campo discutibili. Potrebbe non essere un caso che la Nazionale per lui non sia più una costante. Morale: per spendere occorre di sicuro la Champions, ma anche vendere bene. Quello che la Roma cerca da tempo, sperando nella valorizzazione dei propri giocatori. Campioni e non.



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