AS ROMA NEWS MOURINHO – Ha afferrato la Roma e spera di non lasciarsela scappare più. La prima scossa, come racconta la classifica, è stata soprattutto psicologica: dopo la dolorosa sconfitta all’Olimpico contro la Juventus, che molto probabilmente risulterà decisiva nella corsa alla Champions, la squadra ha reagito con carattere agli input dell’allenatore infilando la serie di dieci giornate consecutive senza sconfitte, coincise forse non per caso con l’innesto di Sergio Oliveira, fortemente voluto da Mourinho, scrive il Corriere dello Sport.
Ma la vera svolta è stata tattica: dopo quei maledetti sette minuti (da 3-1 a 3-4) del 9 gennaio, la Roma ha cambiato completamente pelle. Per un’altra settimana ha giocato con il 4-2-3-1, ottenendo un’insipida vittoria con il Cagliari prodotta proprio da un rigore di Sergio Oliveira, e poi è passata definitivamente alla difesa a tre.
Eppure, anche con il 3-5-2 che mirava a valorizzare Zaniolo, i problemi non erano stati risolti. Mourinho è quindi intervenuto con un altro correttivo, spostandosi sul 3-4-2-1, guarda caso il modulo che aveva adottato il predecessore Fonseca. Con questo sistema, rinunciando inizialmente o completamente a Zaniolo, la Roma ha vinto tre partite su tre senza subire gol: Spezia, Lazio e Sampdoria. Questo non significa che Zaniolo sia fuori dal progetto tecnico.
Anzi, Mourinho medita di rilanciarlo domenica contro la Salernitana al posto dello squalificato Pellegrini, ritenendolo un plusvalore tecnico che può scompaginare le partite (lo ha fatto a La Spezia, per esempio, partendo dalla panchina). Ma è indiscutibile che la squadra, con un centrocampista in più a sostenerla, abbia raggiunto un migliore equilibrio. «La cosa più importante che cercavo era la stabilità – ha chiarito Mourinho a Marassi – giocando in questo modo l’ho trovata, perché i difensori si sentono più sicuri e perché ho la possibilità di utilizzare un esterno di fascia che non sia un terzino». Ed ecco spiegata la mossa Zalewski, che a 20 anni è diventato titolare fisso come quinto a sinistra.
In questo filotto di risultati che dura da quasi tre mesi la Roma ha reso felice Rui Patricio, il portiere, che ha incassato solo 8 gol in 10 partite e in 6 casi è tornato negli spogliatoi con il lenzuolo pulito (il famoso clean sheet). Se poi misuriamo i progressi delle ultime 5 giornate, soltanto l’Udinese ha segnato contro la Roma: un gol. Fino alla partita contro la Juventus, Mourinho era affranto perché non riusciva a chiudere la serranda: per uno come lui concedere 27 gol in 21 partite (media 1,28) è un’inaccettabile esasperazione. Qualcosa doveva cambiare per riprendere il filo della stagione.
In questo percorso, poi, l’hanno aiutato anche i singoli. La piena efficienza di Smalling, il leader della difesa, ha trasmesso sicurezza ai compagni, migliorando il rendimento di Mancini, Ibañez e Kumbulla, che si sono alternati nello scacchiere. Per questo Mourinho ha tremato domenica, quando lo ha visto toccarsi il ginocchio: a uno come lui gli allenatori devono augurare salute perpetua.
Ma è cresciuto anche l’altro vecchietto, Mkhitaryan, che a Genova è tornato al gol dopo tre mesi. Nel suo peregrinare tra una posizione e l’altra, Micki aveva sempre fornito un rendimento di qualità ma aveva smarrito la capacità di essere decisivo negli ultimi venti metri. Riportato qualche metro più avanti, ha risolto la partita contro la Sampdoria. Difficilmente Mourinho lo toglierà più dalla trequarti: dopo la lunga sperimentazione, per il finale di campionato e per la Conference League l’assetto della squadra rimarrà lo stesso.
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