Josè Mourinho

AS ROMA NEWS INTER MOURINHO – José Mourinho oggi a San Siro sarà al centro di una tempesta perfetta. “Emozionale“, direbbe lui. Tifoso di se stesso e contro se stesso. Una graticola da fachiri. Proverà a farsi invisibile, o forse no, si lascerà trafiggere e poi smontare, pezzo a pezzo, dall’amore di tutti, scrive La Gazzetta dello Sport.

Sentirti a casa tua, quando la tua casa da due anni è un’altra. E che casa! Una reggia da sultano. Alzi un dito, accenni uno sguardo e hai il mondo ai tuoi piedi, centomila vergini adoranti che parlano come Sordi e la Magnani. E non avevi neppure bisogno di vincere subito qualcosa.

Arriverà oggi il momento, all’inizio o forse alla fine dei cento minuti, in cui l’uomo di Setubal avrà la pelle d’oca e cercherà nella bolgia di San Siro una spugna qualunque da gettare in quel ring dannato per quanto lo sovrasta. Inter e Roma. Il suo passato che non ha mai smesso di passare contro il suo presente che se ne frega del suo passato. Non ne vuole sapere niente. Come certe amanti che per amare davvero hanno bisogno di credersi uniche e definitive. Che il loro amato non abbia una storia al di fuori di loro.

Inter-Roma. È già successo altre volte da quando l’uomo di Setubal s’è trasferito anima, armi e bagagli dove non si canta “Pazza Inter amala” ma “Grazie Roma che ci fai piangere abbracciarci ancora“. Ma questa volta è diverso. C’era sempre stata una panchina a proteggerlo. A fargli da esoscheletro. Dalla quale giocare la sua parte di sciamano dentro e sopra la mischia.

Oggi in tribuna a San Siro il re sarà nudo. Mou, uno dei sessantamila. E, per quanto si sforzerà di serrare la sua maschera da duro, fegato, cuore, testa e polmoni faranno a cazzotti tra di loro. E tutto sarà caos. Nel cranio speciale del nostro, nel frattempo imbiancato, le cose si affolleranno come in un alveare e non sarà facile. Alla fine, vorrà vincere perché questa è la sua natura, sapendo che in ogni caso la sconfitta non farà troppo male.

L’ego di José è pari almeno a quello del suo amato connazionale Magellano. Ha esplorato mondi, ha conquistato, ha ricevuto oro, incenso e mirra ovunque si è fermato, ha scatenato passioni, ma mai tante e tanto intense come tra la tribù nerazzurra e quella giallorossa. Il giorno che si metterà i nipotini sulle ginocchia e dovrà raccontare qualcosa di sé le favole esemplari saranno due, quella di un magico triplete e quella, undici anni dopo, di un incomprensibile, folle amore. Mai così amato come a Milano e a Roma.

Nostalgia. La miccia potente di entrambe le storie. Nostalgia di quello che è stato nel caso dell’Inter, di una grandezza ritrovata quando sembrava perduta. Un amore anche questo non meno folle e incomprensibile per quanto si ostina nel tempo. Illeso, a distanza di undici anni. Per la gran parte dei tifosi interisti, a cominciare da Massimo Moratti, Mou resta Dio e il vitello d’oro allo stesso tempo. Continuano a venerarlo proprio tutti, anche l’avvocato Prisco, l’alpino, dal suo altrove, senza averlo mai conosciuto. Trapattoni, Conte e compagnia bella? Nulla di paragonabile. Il mago Helenio, l’unico accostabile, zingaresco, apolide, più celebrato che amato.

Nostalgia contraria nel caso della Roma. Di quello che non è mai stato e non importa se mai sarà, qui siamo al paradosso dell’amore, l’amore stilnovista che ama senza chiedere nulla in cambio. José Mourinho è un rubacuori, il Rodolfo Valentino delle panchine. Ovunque è andato ha lasciato eserciti adoranti, languori e sospiri, di donne e uomini. Nella città dello scetticismo eterno, questa volta ha esagerato.

Roma è il suo capolavoro di pifferaio magico. Vincere è l’ultima cosa che conta quando realizzi che vincere davvero è guardarsi intorno e specchiarsi in una comunità che inzuppa il biscotto alias cuore nella stessa religione. Nils Liedholm? Amato sì, ma non idolatrato. Fabio Capello? Rispettato, ma mai amato. I nemici di Mou, ferventi e numerosi quanto i suoi amici, l’avevano accostato, al suo arrivo a Roma, alla Gloria Swanson e ai suoi tramontanti viali. Hanno toppato di brutto. Ora possiamo dirlo.



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