Josè Mourinho

AS ROMA NEWS MOURINHO PORTOGALLO – Se è vero che i sogni muoiono all’alba, quelli di 10 milioni di portoghesi e soprattutto di Fernando Gomes, presidente della Fpf, l’equivalente della nostra Figc, hanno dovuto attendere soltanto qualche ora in più. Il tempo di dare un’occhiata ai quotidiani portoghesi, di capire come la vicenda stesse montando anche in Italia, e rendersi conto che il silenzio scelto per liquidare la suggestione Mourinho nuovo ct del Portogallo, non fosse la via giusta, scrive Il Messaggero.

Avvisaglie di come la vicenda stesse sfuggendo di mano in realtà c’erano già state all’arrivo della squadra a Faro: zero giornalisti portoghesi presenti quest’estate, autentica ressa giovedì. E così la Roma ha deciso ieri, anche alla luce dell’incontro notturno andato in scena tra l’agente Mendes e Gomes, di far trapelare il proprio punto di vista. Netto, diretto, senza possibilità di equivoci: José Mourinho è e continuerà ad essere l’allenatore della Roma. Nessuna possibilità di doppio incarico, tantomeno di rescissione unilaterale immediata.

I Friedkin non prendono minimamente in considerazione la possibilità di condividere il proprio allenatore – lautamente pagato (quasi 8 milioni netti) – con qualsiasi altro tipo di soggetto. Presa di posizione alla quale aggiungere anche un’altra riflessione esterna: i media lusitani raccontavano ieri come il tecnico avesse chiesto 4 anni di contratto. In realtà, oltre a sapere che gli ingaggi federali non potranno mai arrivare a quello che percepisce, lo Special anche in passato aveva definito la possibilità di allenare un club e fare il ct allo stesso tempo «non etica».

E considerando come anche di recente abbia dichiarato di aver bisogno «di allenare tutti i giorni e non una volta ogni tre mesi andando in giro a visionare calciatori», il quadro appare abbastanza chiaro. Non sarebbe stata e non sarà, se dovesse ricapitare in futuro, una scelta tra la Roma e il Portogallo quanto tra la vita da tecnico e quella di selezionatore. Fine della telenovela? Probabile. Almeno sino a giugno perché ora, inevitabilmente, si apre un altro capitolo. Tutto da scoprire.

Il corteggiamento portato avanti dalla federazione portoghese, regala infatti ulteriore forza a Mourinho agli occhi della piazza giallorossa. E questo vuol dire soltanto una cosa: più peso al tecnico per poter richiedere ulteriori acquisti. Il rischio che le prossime due sessioni di mercato possano diventare la cartina di tornasole del rapporto tra l’allenatore e il club è alto. Gennaio, poi, sarà propedeutico per l’estate. Perché già a marzo, José saprà come e quanto la Roma potrà investire.

Del resto non è passata inosservata l’insoddisfazione emersa nell’ultimo mese, tra termini coniati («mercatino») e riflessioni a voce alta («Non faccio miracoli», passando per «Non abbiamo il potenziale per prendere top player in Premier» o «Un giocatore giapponese? Se costa poco») anche in contesti, come la tournée in Giappone, dove il club ne avrebbe fatto volentieri a meno. C’è poco da interpretare: Mou vuole alzare l’asticella. Subito, non c’è più tempo da perdere. Dybala e Winaldum non bastano.

Dal suo arrivo, ad esempio, chiede un uomo d’ordine in mezzo al campo. Xhaka è stato il primo, Lukic l’ultimo. Ha dovuto invece adattare Cristante, metterci vicino Matic dopo il ko di Gini, per poi ammettere sconsolato: «Non formano una coppia, ma lo sapevo. Nemanja doveva alternarsi con Bryan». Per non parlare poi del centrale difensivo di piede sinistro capace d’impostare. Una mancanza che spesso ha saputo mascherare ma che poi è emersa all’improvviso nella gara più sentita, il derby (l’errore di Ibañez è tipico del destro che gioca a sinistra).

Al suo arrivo, nella splendida cornice della Terrazza Caffarelli, il tecnico parlò di un programma triennale per diventare grandi. Ora è meno convinto della possibilità di riuscirci. E la stagione 2023-24 è più vicina di quanto si pensi. Non è un caso che persone che lo conoscono bene, da vicino e da tempo, temono che Roma e la Roma stiano esaurendo quell’effetto appagante di tornare a sentirsi il numero 1, dopo i due esoneri al Manchester United e al Tottenham, che lo vedevano a Tirana piangere come nemmeno aveva fatto quando aveva vinto la Champions con l’Inter.

Mou deve competere per vincere: se non ci riesce si incupisce e torna irrequieto, irascibile. Scenario che a Trigoria hanno ben chiaro e che hanno provato già ad arginare con Pinto che un paio di settimane fa ha chiamato in causa i «paletti imposti dal fair play finanziario». Un modo garbato per porre freno alla bulimia di acquisti alla quale aspirerebbe José. Non però alla sua voglia di competere ai massimi livelli. A Roma o altrove.



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