Josè Mourinho

AS ROMA NEWS MILAN MOURINHO – La bacchetta e la carota. «La gente pensa che io mi chiami José Harry Potter Mourinho e si aspetta tanto da noi solo perché in panchina c’è un allenatore come me. Ma qui c’è gente seria che prova a fare il massimo: se non si parlasse di noi, si direbbe che il quarto posto per la Roma è un obiettivo quasi impossibile». Da maestro ambizioso, più che da mago ampolloso, José Harry si apre in una conferenza stampa che è praticamente un monologo. Durata: 29 minuti e 53 secondi. Domande dei giornalisti: cinque, scrive il Corriere dello Sport.

La partita contro il Milan non è un’occasione, è un pretesto per puntualizzare. Non per caso, è Mourinho a chiedere la parola per primo: «Qualcuno ha messo in dubbio la mia professionalità e io non lo accetto». Si riferisce a qualche malignità ascoltata (più che letta) sull’assenza di giovedì, concordata con la società, all’indomani del derby: «Non avevo mai saltato un allenamento a Trigoria in due anni e mezzo. E’ drammatico che io debba persino giustificarmi di un impegno personale».

Ma quello che più gli interessa è rivendicare la meticolosità del lavoro svolto, anche nel derby che tanto ha fatto arrabbiare i tifosi: «Ci sono state partite in cui io rimproveravo a me stesso qualcosa. Non in questa, che anzi è stata decisa da errori individuali. Abbiamo perso di nuovo contro la Lazio, è vero, ma il derby che vincemmo noi non fu un semplice successo. Fu un’umiliazione: 3-0 e potevamo farne altri. Noi invece perdiamo sempre per qualche dettaglio e nel finale siamo andati due volte vicini al pareggio».

Questo per dire che: «Siamo in difficoltà. Nel nostro mondo lo sanno tutti, tra i commentatori no. So anche io che potremmo fare di più e infatti venerdì ho avuto un confronto duro con i giocatori. Da alcuni di loro mi sono sentito tradito. Se non sappiamo battere neanche una rimessa laterale diventa dura… Però poi ci sono i fatti: dobbiamo andare a San Siro ad affrontare una squadra da scudetto con 15-16 giocatori. Magari dovrò far entrare un altro bambino, Joao Costa». Brasiliano del 2005, ala destra, ha già debuttato in Europa League a Praga. Ha l’età di Huijsen, quello che ha causato il «rigore moderno» nel derby.

Anche sul forfait di Dybala, che si sta abituando a giocare in media una partita su due, Mourinho conferma la sua teoria: «Io non posso sostituire Haaland con Alvarez. Se mi manca Paulo, la Roma cambia. Non incolpo nessuno per questo. Ma le connessioni che ci dà Dybala non sono possibili con Belotti o El Shaarawy». Il fair play finanziario ha imposto un mercato creativo che non ha funzionato, a conti fatti: «Non abbiamo un altro Smalling, non possiamo prendere un altro Renato Sanches. Dobbiamo però attrezzarci per fare il meglio possibile. Mi spiace piuttosto non essere in panchina (è squalificato, ndr) in un ambiente tradizionalmente ostile. Ma ci tenevo a dare qualche spiegazione ai tifosi, i più incredibili che io abbia mai conosciuto. La società non parla? Ci sono io a rappresentarla».



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