AS ROMA NEWS BAYER LEVERKUSEN MOURINHO – Stasera in tribuna d’onore, all’Olimpico, supponiamo che Aleksander Ceferin, presidente della Uefa, penserà che forse José Mourinho – nel bene e nel male – rappresenta senz’altro uno dei testimonial del calcio europeo nel mondo, scrive La Gazzetta dello Sport.
Rissoso, polemico, divisivo, ma anche tremendamente vincente. Basti pensare che, al momento, è l’unico ad aver vinto le tre coppe europee in palio in questo anni: Champions, Europa League e Conference. Così la Roma, che oggi disputerà la terza semifinale di Coppa nelle ultime tre stagioni (e la quarta nelle ultime sei), non potrà che trovare beneficio da questa iniezione di esperienza che comunica elettricità a tutto l’ambiente, pronto al 32° “sold out” dell’ultimo anno all’Olimpico. Insomma, il Bayer Leverkusen è avvisato: lo Special One ha fame di gloria.
Per questo l’allenatore portoghese rende chiaro quello che, dopo la sconfitta di sabato contro l’Inter, pensavano tutti: l’obiettivo adesso è l’Europa League. «Per me le partite chiave sono quelle di Coppa – spiega – così qualcuno sarà contento. Anzi, più di qualcuno». Riferimento misterioso, che gli esegeti tendono ad attribuire al mondo arbitrale. Ma adesso il pensiero va ai tedeschi, riempiti di complimenti e di specifiche. «Non so quali siano le idee di Xabi Alonso (che pare prediliga il guardiolismo, ndr), ma secondo me èla squadra che ho visto giocare meglio in contropiede. Se poi a Xabi piace un gioco diverso è un’altra cosa, ma come minimo dimostra una dote importante: il pragmatismo. Ha 5-6 giocatori che potevano fare i cento metri contro Jacobs».
Il Bayer, però, sarà agevolato da un dato: giocare in un campionato con meno partite. «Un torneo a 18 squadre è differente da uno a 20. In Germania hanno fatto spostare la gara per avvantaggiare la squadra tedesca, in Italia nessuno ci ha pensato. Ci sono cinque squadre italiane in semifinale e abbiamo giocato anche in mezzo alla settimana, mentre il Leverkusen si è riposato». Quanto basta per offrirgli lo spunto per tornare a parlare della rosa. «Il Bayer Leverkusen ha tantissime opzioni, Odoi e Schick sono infortunati, ma per loro non è un problema. Noi non abbiamo il massimo del potenziale perché abbiamo tanti fuori, ma sono sicuro: o vinciamo e andiamo in finale, o perdiamo e abbiamo lasciato tutto in campo».
E qui Mourinho, pur senza calcare la mano, torna sul discorso della rosa corta. «Se non avesse problemi, la squadra potrebbe fare tutto ciò che stava facendo, ovvero essere nei primi posti in campionato e avanti in Europa League. Quando abbiamo problemi, non abbiamo la rosa. Quando siamo tutti al top, invece, abbiamo qualità. Non abbiamo venticinque giocatori uguali. Se Smalling e Dybala si fanno male non abbiamo i sostituti. L’Inter sabato poteva alternare Lukaku, Correa e Lautaro, oppure Di Marco e Darmian, mentre la Roma non può avere infortuni. Abbiamo anche dei limiti legati al Financial Fair Play; Solbakken non è in lista Uefa per questo motivo. Perciò, anche quando eravamo tutti disponibili, dicevo che non sapevo come sarebbe andata a finire. Se fossimo usciti a dicembre dall’Europa League, saremmo stati secondi o terzi in campionato. Se fossimo stati ottavi in campionato, avrei messo tutto sulla coppa e oggi saremmo in una situazione migliore. Qualcuno dirà che se non andiamo in finale non è una stagione buona, al di là dei risultati dirò ai ragazzi che è stata una stagione fantastica. Che può diventare storica se arriviamo in finale».
Con queste premesse, non sorprende che da Parigi continuino a monitorare tutto quello che succede alla Roma. Ovvio, però, che in un momento così delicato Mourinho prenda le distanze da ipotesi di divorzio, nonostante i suoi agenti abbiano parlato con uomini del Psg. «Se mi cercano non mi hanno trovato, perché non hanno parlato con me». Tutto vero, perché la testa dello Special One adesso è solo in Coppa. Un indizio? Il possibile impiego di Smalling nella partita di ritorno a Leverkusen. «Vediamo. Io non me lo aspetto, ma magari succede qualcosa di imprevedibile. Se arriviamo in finale a Budapest, ci sarà». Budapest, appunto. La nuova ossessione. La straordinaria malattia di un vincente come Mou.
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