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Rassegna stampa

Mourinho: “Ogni trofeo è speciale, con la Roma ci riprovo. Totti? Sarà sempre un simbolo di questo club”

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AS ROMA NEWS MOURINHO – José Mourinho, allenatore della Roma, per il primo colloquio italiano dal suo ritorno sceglie La Gazzetta dello Sport, con l’Inter alle porte e una squalifica da metabolizzare.

Speciale, d’altronde, è stato il suo passato nerazzurro, santificato dal Triplete del 2010. L’immagine copertina di Javier Zanetti che alzava al cielo la coppa della Champions League, per certi versi, è stato il simbolo di un’era del calcio italiano di cui adesso, lontani dal Mondiale, sentiamo nostalgia. Forse proprio per questo, ci viene da pensare che – insieme con le vittorie europee – ottenute col Porto, i trionfi nerazzurri di quell’anno possano rappresentare l’impresa più difficile della sua carriera. Ma Mourinho si schermisce e gioca in difesa, replicando sornione: “Per me è impossibile scegliere. Ogni vittoria è speciale e ogni trofeo unico a suo modo”.

Torna la parola “speciale”. La stessa che per tanto tempo ha accompagnato la carriera di quello che in tempi moderni – insieme a Mazzola e Facchetti – ha rappresentato il modello di grande capitano nerazzurro, cioè proprio Zanetti. Una bandiera che sventola sul club nerazzurro, così come Paolo Maldini nel Milan.

E allora viene facile chiedergli se un giorno anche Francesco Totti potrebbe tornare a identificare la Roma come casa sua. “Non esiste questo problema. Francesco è sempre stato e sempre sarà un simbolo della Roma qualsiasi cosa succeda e indipendentemente da quello che deciderà di fare nella sua vita”.

Una mozione degli affetti che, pur non avendolo mai avuto ai suoi ordini, sembra collocarlo quasi vicino ai totem che hanno accompagnato anni importanti della carriera del portoghese. Parliamo di gente come Carvalho, Ferreira, Terry, Lampard, Cech, lo stesso Matic, da lui fortemente voluto in giallorosso. Si capisce subito, però, che a José non piace fare distinzioni, cosi risponde senza classifiche. “Non ho giocatori che vorrei sempre con me. Io sono affezionato a tutti quelli che ho avuto ai miei ordini, non soltanto ad alcuni”.

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Parlando delle differenze epidermiche che nota in Milano e Roma, sceglie di usare anche un italiano più incisivo, meno colloquiale. “Queste città sono i due centri nevralgici dell’Italia – spiega -. Milano è il motore dell’economia del Paese, mentre Roma è il centro del potere politico e, si può dire, il museo all’aria aperta della storia italiana. Mi ritengo fortunato ad avere avuto la possibilità di vivere in entrambe le città”.

Ogni città però, calcisticamente parlando, ha un cuore pulsante che si chiama stadio. Parlargli, perciò del Do Dragao come di Stamford Bridge, di San Siro e del Santiago Bernabeu, dell’Old Trafford e del Tottenham Stadium fino all’Olimpico, muove in Mou delle emozioni vivide, che sceglie di sintetizzare in questo modo, proprio per allontanarsi dal rischio della retorica. “Tutti questi stadi mi evocano ricordi molto intensi e molto belli. D’altronde, ognuno custodisce pagine importanti della mia carriera”.

A differenza di quanto ha sperimentato in passato, però, l’Olimpico deve condividerlo anche con la Lazio, l’altra squadra della Capitale, ma il “condominio” non gli suscita particolari impressioni. “Ho vissuto in altre città in cui esisteva una forte rivalità fra due o anche più club. Sono abituato, non ci faccio caso”.

Non nascondiamolo, l’impressione che ci dà è quella di un predatore focalizzato sempre sull’obiettivo. Proprio per questo tutte le sfumature psicologiche che possono ruotare attorno a certe domande – visto che diventerebbero di dominio pubblico – sceglie di non evidenziarle molto. Così non sorprende che, se gli si chiede di ascoltare solo l’istinto per risponderci se crede di vincere ancora alla Roma prima che arriverà il giorno dei saluti, sceglie di essere cauto: “Ci proverò con tutto me stesso”.

Forse avrebbe risposto la stessa cosa quando da ragazzo, nella sua Setubal, cominciava a dare la scalata al cielo. A proposito, è il momento di prenderci il lusso di una digressione. A un turista curioso, consiglierebbe sempre un viaggio nella sua città, che ha sempre considerato “la più bella del mondo”? L’enfasi in questo caso si percepisce piena. “Certo, assolutamente. A chi non c’è stato, consiglierei di andare a trascorrervi un fine settimana per godersi tutto”.

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Il frammento di nostalgia che ci regala è quello che occorre per parlargli di una sensazione che abbiamo avuto da quando è arrivato alla Roma. Andare alla conquista del mondo a quarant’anni è diverso che farlo alla soglia dei sessanta. È possibile che alla sua età – dopo tanti successi – prevalga la voglia di amore, che Roma di certo non gli lesina? Anche qui la risposta sembra a metà fra una confessione e un manifesto programmatico: “La mia voglia di vincere non andrà mai via”. 

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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