Josè Mourinho

C’era anche una meteora a celebrare la vittoria della Roma. Non è una mica metafora, è la cronaca. Un bolide luminoso si è affacciato davvero, avvistato da tanti nella capitale e anche allo stadio Olimpico, guarda caso subito dopo la fine della partita con l’Atalanta, scrive il Corriere dello Sport. Agli amanti delle simbologie è piaciuto pensare che il corpo celeste salutasse il definitivo insediamento di José Mourinho, allontanando quel senso di incertezza che aveva riempito i primi mesi della nuova gestione. 

D’altra parte la meteora era lassù, non certo nello stanzino che l’allenatore squalificato aveva scelto per osservare la sfida. Mourinho alla Roma non si sente di passaggio: ha promesso ai tifosi di piantare radici solide, capaci di sostenere l’albero delle vittorie, radunando attorno a sé un consenso popolare plebiscitario.

Ecco: dopo la seconda vittoria su due contro Gasperini, si comincia a sentire l’odore della primavera. In questo momento Mourinho è quinto, aspettando il recupero dell’Atalanta, e si è messo alle spalle la Lazio e la Fiorentina, con un cambio di passo in campionato che presto gli consentirà di migliorare i risultati di chi lo ha preceduto (Fonseca è ancora a +3 ma lo scorso anno chiuse in picchiata).

Le sette partite consecutive senza perdere, e soprattutto gli ultimi due 1-0 firmati Abraham, trasmettono l’idea di una squadra che finalmente ha raggiunto un suo equilibrio. Un livello che può bastare per l’Europa, da conquistare attraverso il piazzamento e anche da onorare nella Conference che riparte giovedì contro il Vitesse

Ha fatto molto discutere, Mourinho, per i metodi ruvidi utilizzati durante il percorso. Si è scagliato contro arbitri, giornalisti, giocatori, avversari. Ha sconfessato buona parte del mercato del direttore, Tiago Pinto, difeso a parole ma poi nei fatti poco ricompensato. Il suo piano è trasparente: Mourinho conta di completare la demolizione di ciò che non gli va a genio e di procedere con la ristrutturazione da lui ispirata. Sa di avere l’appoggio quasi incondizionato dei Friedkin, che non rinuncerebbero mai ai suoi servigi, e aspetta dalla proprietà qualche rinforzo di qualità per scalare posizioni in classifica, pur conoscendo la situazione delicata del bilancio che ha chiuso il primo semestre a -113 milioni. 

La sua principale risorsa è stata il coraggio, determinato dall’indole e facilitato dal curriculum. Così come è giusto porre l’attenzione su scelte poco comprensibili, che hanno svalutato parte della rosa e cancellato giocatori abituati a partecipare alle rotazioni, è altrettanto importante riconoscere a Mourinho il merito di lanciare i giovani più forti del vivaio: Zalewski, l’ultimo della nidiata, è ormai un titolare aggiunto, che si è addirittura calato in un ruolo diverso rispetto alla Primavera garantendo un rendimento incoraggiante.

Ha scommesso su Felix, Bove, Volpato, che in futuro arricchiranno il serbatoio finanziario o tecnico del club, grazie a una filosofia basata sulla meritocrazia: chi si allena bene, chi dimostra di valere, gioca. Altrimenti rimane a guardare, come si sono accorti in un senso e nell’altro Zaniolo, Veretout, Kumbulla, Viña, El Shaarawy, ora persino il nuovo arrivato Sergio Oliveira.

Mourinho considera intoccabili soltanto sei calciatori, tra i quali il trio dei capitani che rappresenta il riferimento nello spogliatoio: Pellegrini, Mancini e Cristante, in ordine di grado. A questi, come a Rui Patricio, Abraham, Smalling, non rinuncia mai. Perché non lo hanno deluso. E perché dentro a un nucleo solido Mourinho sta pensando la Roma del futuro.



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