AS ROMA NEWS EUROPA LEAGUE MOURINHO – La mimica e il sorriso – riferisce il Corriere dello Sport – riflettono alla perfezione l’umore: «Ci siamo fatti un…coso tanto per arrivare fin qui, ora non vediamo l’ora di giocare questa finale». E con le mani José Mourinho disegna lo “sforzo” che ha compiuto la Roma per raggiungere Budapest: «Il ritorno dalla Bulgaria alle 7 del mattino, la trasferta a Helsinki con un freddo cane, la partita contro il Betis da dentro/fuori. E poi le sfide a eliminazione diretta contro squadre forti. Dopo 14 impegni faticosi proveremo a battere anche il Siviglia. Questa non è la rosa più forte che io abbia allenato ma è tra le più belle dal punto di vista umano. Meritiamo una grande soddisfazione».
E’ lui l’attrazione del media-day, l’evento Uefa dedicato alle finaliste delle tre competizioni internazionali. Ci sono giornalisti inglesi e non solo nella sala conferenze di Trigoria. Mourinho si cala nel ruolo con garbo respingendo domande sul futuro: «Non è merito mio se siamo a questo punto. E’ merito dei ragazzi. In questo momento non penso a cosa succederebbe all’indomani della finale. Se saremo in Champions, se saremo in un’altra coppa. Il mio focus è tutto su questa partita. E anche un minimo su quella precedente di Firenze, che sarebbe stato meglio non giocare».
Lo incalzano, gli osservatori stranieri, domandandogli la ragione di un rapporto così simbiotico con i tifosi della Roma: «Credo che la gente mi riconosca la voglia di dare sempre tutto per il club. Si può vincere o meno ma l’atteggiamento è sempre lo stesso. E sarà duro il giorno in cui me ne andrò da qui. Ma io ho sempre amato tanto le mie squadre: Porto, Chelsea, Inter, Real Madrid, Man United e ora Roma. I tifosi dei club in cui ho lavorato me lo riconoscono ancora, quando li incrocio per le strade. L’unica società in cui non ho avuto il tempo di stabilire un legame è stato il Tottenham: ma è stata causa del Covid, che ha svuotato gli stadi, e del signor Levy, che mi ha impedito di giocare e vincere una finale mandandomi via».
Dopo cinque finali, tutte vinte, chiede di guardare avanti: «La Conference League dello scorso anno è storia, che spero possa essere ricordata dai romanisti e dai figli dei romanisti. Ma ora c’è un’altra finale, un’altra sfida. E non mi piace pensare alla possibile doppietta, perché non abbiamo ancora raggiunto il risultato. Adesso penso solo a godermi la finale. Sarà che sono maturato, sarà che penso agli altri invece che a me stesso, ma non voglio presentarmi nervoso alla partita. Sono motivato come sempre, ovviamente, ma non agitato. Mi piacerebbe giocare una finale ogni settimana». E ieri, per allentare la tensione, ha organizzato un barbecue a Trigoria con la squadra.
L’unica vera preoccupazione, più dell’avversario che comunque ha un’abitudine straordinaria a vincere l’Europa League, ha un nome e cognome: Paulo Dybala. Che anche ieri, nell’allenamento aperto alla stampa, non è sceso in campo. «Non stiamo cercando di nasconderlo da qualche parte – sorride amaro Mourinho – Paulo deve fare le terapie. Non penso che potrà giocare la finale a Budapest. Sarei già contento se potesse garantirci 15-20 minuti del suo talento. Contro il Feyenoord, anche se non era al top, ci ha portato ai supplementari con un gol. Vediamo se riusciremo a utilizzarlo contro il Siviglia. In fondo per lui sarebbe l’ultima partita della stagione…».
Resta strano il suo percorso. Dybala sembrava guarito la scorsa settimana, era pronto a giocare contro la Salernitana dopo i novanta minuti passati in panchina a Leverkusen, invece poi è finito in tribuna: «Speravo di farlo giocare un tempo, magari dargli qualche minuto già a Bologna, ma non è stato possibile. Non lo posso sfruttare neanche a Firenze. Stiamo provando a gestirne il rientro». I fatti: la caviglia non guarisce ancora nonostante le terapie. Dybala ha sentito di nuovo dolore dopo l’allenamento di sabato scorso. Ma a Budapest ci sarà.
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