Josè Mourinho

AS ROMA NEWS EUROPA LEAGUE MOURINHOBudapest, e poi? La differenza che passa fra tappa e capolinea è la stessa che passa tra un bacio passionale e una respirazione bocca a bocca. Almeno così lo intendono i tifosi della Roma quando parlano del futuro di José Mourinho, leader di un popolo che ha ricominciato a sognare, scrive La Gazzetta dello Sport.

Per questo l’ipotesi di una separazione a fine stagione inquieta quasi come la finale di Europa League contro il Siviglia. È noto che il Psg ha inserito l’allenatore nella lista dei candidati alla panchina ed è possibile che il canto di una sirena del genere non lasci indifferente lo Special One. Adesso, però, non c’è Mbappé nei suoi pensieri, ma soltanto la squadra giallorossa, che cerca di guidare a quella che sarebbe una vera impresa.

«Il mio unico focus è la finale – dice – . Ora non sono preoccupato dul mio futuro nè di altro. Tutto è secondario quando giochi una finale. Abbiamo fatto tanto per arrivarci. Non c’entra neppure il discorso, vincendo, della qualificazione in Champions: vogliamo solo la finale. Sarà facile prepararla. Tutto il resto si vedrà dopo».

Il rispetto per il Siviglia non manca, ma José crede nella Roma e sopratutto in se stesso. «È una squadra che vince sempre l’Europa League e viene dalla Champions. È forte, ma abbiamo le nostre qualità, Non andremo a Budapest in vacanza». E a 21 anni dalla sua prima finale col Porto si racconta così: «Sono migliorato, ma ho lo stesso dna. Non voglio tensioni, ma solo il piacere di giocare. L’allenatore migliora col passare del tempo, mentre il giocatore deve fare i conti col fisico che non risponde allo stesso modo a trenta o quaranta anni. Per l’allenatore il cervello diventa sempre più acuto. Certo, quando si perdono motivazioni bisogna fermarsi ma non è il mio caso».

Per questo l’empatia con i tifosi di tutte le sue squadre non è mai mancata: tranne una. «Il Tottenham è l’unico club con cui non sento un legame stretto. Probabilmente perché lo stadio era vuoto per il Covid e il presidente Levy mi tolse la possibilità di giocare una finale, ma con tutti gli altri club ho un legame speciale, perché la gente non è stupida, sa che do tutto per il club. Così è a Roma: i tifosi percepiscono che lavoro e lotto per loro. Anche qui, quando arriverà il giorno dell’addio, non sarà facile, ma resteremo legati per sempre».

E non è una questione di trofei, precisa. Certo, però, se ci fosse Dybala sarebbe meglio. «Parlando onestamente, spero che potrà andare in panchina come contro il Feyenoord – e fu decisivo per andare ai supplementari – visto che per lui sarà l’ultima partita vera della stagione. Se Paulo potrà darmi 15-20 minuti del suo sforzo, io sarò contento. Ma non mi aspetto niente».

Intanto saluta, abbracciando virtualmente tutti i suoi ragazzi. «Non sarà sicuramente la rosa più forte o con più qualità con cui ho lavorato, ma ogni anno che passa tu capisci che il lato umano è sempre più importante e sotto quel punto di vista questa squadra è tra le top di quelle che ho allenato». Per questo la Roma di Mou può fare la storia.



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