Rassegna stampa
Mourinho: “Siamo deboli mentalmente”
ULTIME NOTIZIE AS ROMA JUVENTUS MOURINHO – «Mi fa male all’alma». Gli fa male all’anima. Mourinho è frastornato, ferito nell’amor proprio. Perché si rende conto che stavolta non ha perso la Roma ma lui, scrive Il Messaggero. Basta dare un’occhiata veloce sui social o sui siti esteri: il flop non è dei giallorossi ma dello Special. La classifica è deficitaria, la zona Champions lontana (Atalanta a +9 con una gara in meno). E il paradosso vuole che tutto arrivi dopo un’ora dove si era vista una buona Roma.
Una squadra senza mezze misure. O vince o perde. O incanta o oppure prende 3 gol in 7 minuti contro una Juve che prima di ieri aveva segnato 28 reti in 20 gare. Numeri così negativi, i bianconeri non li registravano dalla stagione 1999-2000. José centra il problema, senza rendersi conto che dovrebbe esser lui a risolverlo: «Con una squadra con mentalità e personalità forte, qual è il problema di prendere un gol sul 3-1? Nessuno. Per me non lo è, per loro sì». Lui e gli altri. Come nella notte di Bodo emerge la divisione. Netta. E stavolta non ci sono di mezzo i ragazzi o le seconde linee.
Il j’accuse è rivolto alla squadra: «All’improvviso sono venuti a galla i complessi, le fragilità, le paure. In questo spogliatoio c’è solo gente buona. Ho pensato che poteva essere più facile. Nella rosa c’è mancanza di personalità. Chi entra (Shomurodov, ndc) al posto di Felix dopo un minuto sbaglia ed è 3-2 (3-3, ndc). Senza contare i limiti in panchina, che di solito è fatta da bambini. Maitland-Niles è appena arrivato, un altro (Sergio Oliveira, ndc) arriverà la settimana prossima. Zaniolo, El Shaarawy, Mancini e Karsdorp sono fuori. Non sono abituato a questo tipo di squadra».
Non se ne rende conto o forse sì. Fatto sta che prende le distanze da un gruppo che mina la sua grandezza: «Come ho già detto ai ragazzi dopo il Milan, sono loro a dover venire nella mia direzione, non sono io a dover andare verso il loro profilo psicologico. Bisogna uscire da questa comfort zone e giocare per il quinto, sesto o settimo posto. È troppo facile».
Diventa altrettanto facile, però, prendere le distanze adesso, nel momento in cui sale la marea. Perché tocca all’allenatore cambiare la mentalità di una squadra. E dopo 6 mesi, se gli errori tecnici e di concentrazione sono sempre gli stessi, qualcosa non quadra. Anche perché la serie delle occasioni perdute ormai è infinita.
Quella di ieri è la più clamorosa ma restando soltanto alle ultime due partite non ci può dimenticare di aver affrontato un Milan decimato e aver permesso alla Sampdoria di pareggiare dopo essere passati in vantaggio. E non finisce qui. La trasferta di Bologna, dopo i successi con Torino e Genoa, doveva rappresentare il trampolino di lancio. S’è rivelato invece un bordo vasca scivoloso. Tre settimane prima, a Venezia, non era bastato ribaltare il vantaggio di Caldara con l’uno-due di Shomurodov e Abraham. Nella ripresa, Okereke aveva affondato i giallorossi. E ancor prima a Verona, con una squadra in fondo alla classifica e che aveva appena cambiato l’allenatore, il gol di Pellegrini era stata la solita illusione. Tre gol in 14 minuti (Barak, Caprari, Faraoni).
L’alibi, all’epoca, è che si trattava del 19 settembre. Quasi 4 mesi dopo, il copione si ripete. Stavolta di minuti ce ne sono voluti la metà. Sempre tre gol sono arrivati. Come a Bodo, quando in 9 minuti la Roma aveva subito il 4, il 5 e il 6-1. Come uscirne? Mou è ironico: «Sono contento di avere due giocatori in prestito anche se la gente preferirebbe un giocatore top. Magari il Liverpool ci lascia Salah in prestito e siamo contenti… Ma io ho rispetto della proprietà e del direttore, non possiamo fare pazzie e mi devo adattare».
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