ULTIME NOTIZIE AS ROMA SPEZIA MOURINHO – Quanto servirebbe un giocatore come Thiago Motta alla Roma di José Mourinho? Sarebbe indispensabile, come lo è stato nella sua Inter nella stagione del triplete. La Roma, come noto, è a caccia di un centrocampista pesante e pensante, proprio con quelle caratteristiche: intelligente, di personalità, abile nelle due fasi, scrive Il Messaggero.
Ecco, un Thiago Motta, appunto, che poi è stato perno anche della Nazionale di Cesare Prandelli. Oggi Thiago fa l’allenatore dello Spezia, che domani verrà a Roma per cercare punti salvezza, in un Olimpico ancora pieno. Davanti, Motta, avrà il suo maestro, Mou, che gli ha regalato le vittorie (e viceversa). Motta era il braccio in campo dello Special, il punto di riferimento del centrocampo insieme con Cambiasso.
Oggi l’italo brasiliano, rispetto a Mourinho, ha scelto una strada tattica diversa: meno pragmatico di José, sicuramente più visionario, un po’ per scuola brasiliana un po’ per quella spagnola (avendo giocato nel Barcellona con Frank Rijkaard e prima ancora con Bernd Schuster, anche se con il tedesco è stato spesso fuori per infortunio).
Il suo 4-3-3 offensivo porta divertimento e qualche punto: lo Spezia galleggia per non retrocedere e nessuno si attendeva ambizioni diverse. Il carattere lo ha ereditato da Mou e, con una decisione anche in stile Luis Enrique, ieri ha tenuto fuori dai convocati per domani, M’Bala Nzola, uno dei migliori dei suoi, perché «arrivato tardi alla riunione tecnica». L’Inter di Mourinho aveva la geometria e la sostanza di Thiago, l’espulso nella famosa notte della semifinale di Champions contro il Barcellona nel 2010. Motta all’epoca è stato chiesto espressamente da Mou, che lo ha soffiato alla Roma, che ambiva a portare nella Capitale anche Milito. Giochi del destino.
Ci aveva visto lungo Mou, che sui quei due ha poi fondato il gruppo che è arrivato sul tetto d’Europa. Thiago non dimentica quello che gli ha dato José in quella stagione. «Ho bei ricordi di un bellissimo triplete vinto insieme. Mourinho è un’ispirazione per tutti. La sua leadership, il suo modo di trasmettere la voglia di vincere, il suo carisma. In quel momento avevamo un giocatore di uno spessore mondiale come Eto’o, arrivato dal Barcellona da prima punta e a noi serviva uno sulla fascia, con Milito numero nove. Mou lo ha fatto giocare esterno, cercando di motivarlo ed è stato uno dei più importanti».
E Motta – a distanza di undici anni – sta portando avanti la stessa variazione tattica, sacrificando il suo Gyasi alla Eto’o (eletto presidente della Federcalcio camerunense), proponendo come centrocampista centrale alla Thiago, Giulio Maggiore, che tanto piace alla Roma. «José è un vincente, ha in testa solo il successo.
Dello spettacolo non gli interessa: se hai giocato bene ma hai perso per lui non c’è niente di positivo. Invece se gioca male e vince è felicissimo: lui non cerca il bello, cerca un nemico. E se non ce l’ha lo crea». Dopo aver affrontato Shevchenko, Mou aspetta un altro allievo, con cui ha avuto un rapporto migliore rispetto all’ucraino, che al Chelsea è arrivato con meno forza rispetto a quando giocava nel Milan. Motta nell’Inter di Mou era un giocatore determinante: l’anno del triplete ha giocato 40 partite: 26 di campionato (con quattro gol e tre assist), 8 in Champions, 5 in Coppa Italia e una in Supercoppa italiana.
E pensare che, come detto, stava per arrivare alla Roma, come ha confermato lo stesso tecnico dello Spezia. «Mourinho un giorno mi chiamò per dirmi se ero pronto ad andare in guerra. Arrivai così all’Inter anche se mi ero accordato con la Roma che offriva di più, ma Preziosi venne nello spogliatoio a dire di avermi ceduto ai nerazzurri con Milito. Poi arrivò Mou». E domani si abbracceranno, ma José non gli regalerà nulla.
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