(Corriere della Sera – G. Piacentini) La notizia della morte di Davide Astori ha scioccato il mondo romanista, che aveva avuto modo di conoscerlo per una stagione, in cui il difensore si era fatto apprezzare non solo per le sue doti calcistiche ma soprattutto per quelle umane. Nell’estate del 2014 Astori decise di vestire la maglia romanista, preferita a quella della Lazio: una scelta che lo catapultò di diritto nel cuore della tifoseria. In giallorosso è rimasto, in prestito dal Cagliari, per un solo anno, vissuto da protagonista: 30 presenze tra campionato e coppe, un gol realizzato proprio ad Udine, che il 6 gennaio del 2015 regalò alla Roma il primato (provvisorio) in classifica.
Al di là del suo valore tecnico, che lo ha portato anche in Nazionale (ha giocato in azzurro 14 volte, segnando un gol, contro l’Uruguay, nella Confederations Cup 2013), a Roma in tanti lo ricordano come un bravo ragazzo: per questo moltissimi calciatori e i tifosi lo hanno voluto omaggiare sui social network. Il primo è stato Radja Nainggolan(«Quante battaglie insieme, ancora non ci posso credere»), con cui aveva giocato al Cagliari, seguito da molti altri: Kevin Strootman, Alessandro Florenzi («Rimarrai sempre nel mio cuore»), ma anche Paredes, Tumminello, Juan Jesus, Manolas, Dzeko, Gervinho, El Shaarawy e Pellegrini. Particolarmente colpiti l’ex tecnico romanista Rudi Garcia(«Sono addolorato, un professionista e un ragazzo esemplare»), e quello attuale Eusebio Di Francesco («Un esempio di grande professionalità e serietà»).
La Roma non ha fatto mancare la sua vicinanza alla famiglia («Ci sembra impossibile che il suo sorriso sia stato spezzato all’improvviso»), anche attraverso dirigenti comeUmberto Gandini («L’ho conosciuto nel settore giovanile del Milan»), Francesco Totti(«Sono scioccato e incredulo per questa tragedia») e il direttore sportivo Monchi, che a Siviglia ha vissuto la tragedia della morte di Antonio Puerta. «Conosco la sofferenza – sono state le parole dell’andaluso –quello che si sente, il dolore che si prova perché l’ho vissuto in prima persona».
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