Rassegna stampa
Napoli piange l’uomo dei sogni. Notte di veglia al San Paolo che sarà Stadio Maradona
ULTIME NOTIZIE MARADONA NAPOLI – Napoli piange. La sua Napoli, la città che ha saputo amarlo come null’altro al mondo. Piange, Napoli, la scomparsa di Diego Armando Maradona, un’icona che è già storia. Addio, Diego. Ma nulla è finito. Niente e nessuno potrà mai rompere il legame che lo ha unito a questa città, alla sua gente, riferisce la Gazzetta dello Sport.
Un passione che non ha dimenticato, che ha sempre contemplato al centro della sua vita. E, adesso, lo sarà ancora di più, nell’altra vita, dove l’anima troverà quella leggerezza che mai ha potuto avere nella sua esistenza terrena. Napoli è stata per lui gioia e dolore, rabbia e disperazione, ma è stata innanzitutto la sua oasi, dove tutto gli è stato consentito, dove l’illecito è stato lecito e dove dinanzi all’illegalità si è preferito chiudere gli occhi.
Nessuno se l’è mai sentita di opporsi alla sua sregolatezza, è stato coccolato, amato, idolatrato al punto tale da complicargli l’esistenza. Nemmeno una passeggiata in centro con Claudia, la sua ex moglie, gli era consentita. La passione della gente tracimava. Napoli non ha saputo mai contenere quell’amore, spesso è stata invadente, togliendogli il respiro. Ieri sera, quella stessa gente s’è radunata all’esterno del San Paolo e ha iniziato una veglia che è durata tutta la notte. Il sindaco, Luigi De Magistris, porterà in consiglio comunale la proposta d’intitolargli lo stadio San Paolo, ieri meta di pellegrinaggio dei tifosi come altri luoghi come i Quartieri Spagnoli e i rioni popolari a lui cari.
Via Scipione Capece, sulla collina di Posillipo, è stato il crocevia del pellegrinaggio napoletano durante gli anni di Diego Maradona. In quella stradina che si affaccia sul golfo, ci si andava apposta, magari speranzosi di poterlo incrociare a bordo della sua Renault o della Mercedes nera. È lì che Diego ha vissuto, è lì che ha conosciuto la trasgressione e la perversione, piegato dalla cocaina che è stata l’inizio della sua fine. Napoli è stata anche criminalità, per lui.
Le frequentazioni con alcuni esponenti della camorra saranno oggetto di approfondimento da parte della Procura napoletana, ma Diego avrà dalla sua parte un difensore unico: Napoli, appunto, che l’ha protetto e sostenuto anche nei momenti in cui la sua storia professionale sembrava essere giunta al capolinea. Gli effetti della cocaina e dell’alcool, consumato senza misura, cominciano a provarne il fisico. Gli allenamenti saltati diventano una consuetudine, e quelle bugie verranno sopportate da tutto l’ambiente. I compagni sanno, ma non sanno; Ferlaino, Moggi, Bianchi, Bigon ne conoscono i vizi e le abitudini perverse, ma è a lui che si aggrappano per allontanare la fine di un ciclo vincente.
Ma Diego è lontano, quegli occhi spalancati e quello sguardo indemoniato, sono lo specchio del dramma. Il giorno è buio come la notte. Tante le trascorrerà in giro per locali, quelli alla moda, tirando fino alla prime luci dell’alba per poi rincasare e dormire tutto il giorno. Nella sua peggiore stagione riuscirà, comunque, a garantire un contributo importante per la conquista del secondo scudetto. Poi, a marzo ’91, la positività alla cocaina e la lunga squalifica che provocò quella fuga notturna da Napoli per rifugiarsi in Argentina.
La camorra non può farsi sfuggire il mito, l’uomo che può trasformare in oro anche una semplice stretta di mano. Diego è soffocato dalla passione della gente. Le vie del centro diventano un inferno ogni qualvolta viene scorta la Mercedes nera con la quale va in giro. Gli assalti della gente si susseguono, ora in via dei Mille, poi in piazza dei Martiri costringendolo a fughe improvvise.
No, non va bene, lo stress comincia a divorarlo, come la cocaina. Napoli non è più il suo regno. Il giorno in cui contro la sua Mercedes viene lanciata una biglia che gli frantuma il finestrino posteriore, Diego ammette le sue paure: l’idea di andare via comincia a diventare qualcosa in più di una semplice minaccia, da Marsiglia, Bernard Tapie è pronto a ricoprirlo d’oro, ma Ferlaino non lo lascerà andare dopo il secondo scudetto.
Il Napoli capolista perde lo scontro diretto col Milan, è il primo maggio 1988: a due giornate dal termine del campionato, avviene il sorpasso. La città è inferocita, c’è il sospetto che la camorra abbia potuto condizionare il risultato della partita per l’alto numero di puntate clandestine sulla vittoria del Napoli: Maradona è sconvolto. In seguito, le indagini della magistratura dimostreranno che nulla di tutto quanto sospettato sarebbe stato vero.
Via Scipione Capece è assediata da fotografi e giornalisti, tutti a caccia di uno scatto proibito o di uno scoop da prima pagina. Il volto gonfio di Diego e quegli sguardi persi nel nulla riempiono, impietosamente, giornali e riviste: il re è vicino alla fine del suo regno.
Ormai, la notizia non c’è più, tanto si sa che Diego frequenta prostitute e sniffa cocaina. La sanno tutti, ma nessuno lo ferma, a nessuno interessa l’uomo Maradona che va spegnendosi. Scappa via da Napoli una notte di aprile, dopo che anche il calcio ne ha ufficializzato lo status di drogato. Su via Scipione Capace si spengono le luci della ribalta. Diego corre verso Fiumicino, a bordo della Renault nera: lo attende il volo per Buenos Aires. Con una voce impastata dall’alcool consegna alla moltitudine di cronisti accampati in quella strada da giorni, l’ultimo saluto alla sua gente: «Dite ai napoletani che li ho amati».
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